Quando ho visto per la prima volta il trailer e la locandina di Get Out, mi ero fatto l’idea di un thriller vero e proprio, e faticavo a comprendere il motivo per cui venisse incasellato come horror. Vista la mia poca curiosità, ho saltato la visione del film al cinema, attendendo una futura occasione, che si è presentata un paio di sere fa. Partivo senza alcun tipo di aspettativa, e probabilmente questo approccio ha condizionato in parte la visione del film, che ha finito per regalarmi una discreta seconda metà. A mente fredda e lucida, proverò ad analizzare cosa funziona e cosa invece risulta poco convincente.
Esordio dietro la macchina da presa di Jordan Peele, Scappa: Get Out si apre con la scena di un’aggressione e di un rapimento ai danni di un ragazzo di colore. L’azione si sposta in casa di Chris e Rose, una coppia che sta insieme da qualche mese e che è in procinto di partire per la casa dei genitori della ragazza. Lui, nero, le chiede se i suoi siano razzisti, ma viene prontamente rassicurato. L’accoglienza nella casa degli Armitage sembra piuttosto positiva, nonostante il comportamento sopra le righe del padre di Rose. Tuttavia, Chris non può fare a meno di notare che sia la cameriera che il giardiniere siano di colore, alimentando qualche dubbio sulla reale apertura mentale della famiglia.
Le cose si complicano con l’entrata in scena del fratello di Rose, minaccioso e imprevedibile, e col raduno organizzato proprio per il weekend. Gli invitati, tutti bianchi, si presentano a Chris con interesse e curiosità, ponendogli degli strani vantaggi sui suoi vantaggi genetici, su come vive un afroamericano nella nostra epoca, e mettendolo in difficoltà. Un unico uomo di colore si presenta al raduno, accompagnato da una partner decisamente più anziana di lui, e avendo una crisi quando Chris gli scatta una fotografia col flash. Sempre più convinto che ci sia qualcosa di sbagliato e losco in cià che sta avvenendo, il ragazzo decide di andare via, ma scopre una lunga serie di foto di Rose con altri fidanzati di colore, nonostante gli avesse detto che era il primo ragazzo nero con cui stava.
La madre di Rose, che lo aveva precedentemente ipnotizzato, lo fa desistere dal suo proposito di lasciare la casa, e si delinea finalmente il vero piano della famiglia, intenta a catturare uomini di colore per assecondare le richieste e i bisogno più disparati. In questo strano mix di fanta-medicina, fanta-genetica, razzismo e convenzioni sociali, Get Out perde profondamente il contatto con la realtà e lo fa con lucidità, introducendo il concetto di Mondo Sommerso, che rappresenta proprio l’impossibilità dei neri d’America di far sentire la propria voce mentre sprofondano nelle pieghe dell’indifferenza sociale.
Scritto da Jordan Peele nel corso del primo mandato di Obama, quando sembrava in atto una trasformazione e la percezione fosse di generale ottimismo e di un superamento di certe barriere. Tuttavia, con l’ondata di violenza da parte delle forze dell’ordine nei confronti degli afroamericani, l’autore della sceneggiatura ritenne che fosse arrivato il momento adatto per tirar fuori una storia su questi temi e dal tenore piuttosto pessimistico. Pur nel tentativo di dare alla storia alcuni momenti di abbattimento della tensione grazie a passaggi più umoristici, pilotati sempre dal personaggio di Ron, amico di Chris, il film riesce a mantenersi piuttosto teso, soprattutto nel crescendo centrale e fino alla rivelazione, quando si smonta tutta l’attesa e si giunge a una spiegazione dei comportamenti strani e a un finale che lasciano non pochi dubbi.
Il problema di Get Out risiede nel modo grottesco e a tratti goffo che sceglie per trattare un tema così delicato, finendo per banalizzarlo e per risultare razzista in senso opposto. I bianchi, infatti, oltre che sfruttatori e razzisti, vengono dipinti come invidiosi della superiorità genetica degli uomini di colore, e desiderosi di sfruttarne le doti per il proprio beneficio, sessuale o puramente fisico. Ne emerge quindi un quadro all’interno del quale i bianchi sono quelli avanzati tecnologicamente e sfruttatori, mentre i neri sono le vittime designate che non possono né sanno difendersi dall’egemonia bianca. Tali aspetti, mal trattati e maltrattati, privano di valore comunicativo la pellicola; dal punto di vista della storia, svuotata dal suo significato, Scappa: Get Out funziona abbastanza bene nel suo crescendo di stranezze, ma crolla nel finale, tra ingenuità e assurdità, vanificando buona parte del lavoro precedente e attestandosi su un risultato non soddisfacente.