Torna a cinque anni di distanza da L’Ultima Casa A Sinistra Wes Craven, che per il suo secondo lungometraggio sceglie di ispirarsi alla storia di Sawney Bean e della sua famiglia, un gruppo di cannibali realmente esistiti.
Una famiglia è in viaggio verso la California, e si trova ad attraversare una vasta area desertica. A seguito di un incidente, si ritrovano bloccati ed isolati e cadono vittima degli attacchi ad opera di una strana famiglia di trogloditi cannibali che vive sulle colline rocciose.
La trama può essere ristretta a queste poche parole, poiché tutta la vicenda ruota attorno allo scontro tra le due famiglie: nella prima fase, i turisti subiscono numerosi lutti, tentativi di stupro, rapimenti, mentre nel finale si assisterà alla vendetta da parte dei buoni, che si riveleranno essere non meno efferati nel momento della necessità.
Tipico revenge movie, Le Colline Hanno Gli Occhi soffre di diverse pecche, a partire dal ritmo dell’azione e da un’ambientazione che per forza di cose risulta piatta e monotona. Non si capisce bene nemmeno il perchè dell’incidente iniziale, una sequenza confusionaria ma senza un reale significato, senza contare il fattore degli esperimenti militari che avvengono in quel deserto, aspetto citato diverse volte ma che si manifesta nel passaggio di alcuni caccia e nulla più, non avendo alcun peso nell’economia della vicenda.
Lo stile di Craven è tutto sommato simile a quello visto nel suo debutto, quindi nessun fronzolo registico, nessun orpello, molta verosimiglianza e crudeltà assortite, in una formula che tuttavia rimane ingabbiata in una trama che nulla ha di affascinante, che non cattura, e che solo a tratti inquieta: a tal proposito, bella la sequenza della corsa del capofamiglia, con la voce fuoricampo di uno dei cannibali che lo chiama, lo incita, lo deride. Tra l’altro, la vicenda non si conclude nemmeno, perchè i superstiti rimangono ancora bloccati lì. Volendo, si potrebbe sorvolare su questo aspetto, poiché il desiderio di Craven era mostrare come anche una famiglia “per bene” potesse poi trasformarsi in un manipolo di vendicativi assassini, ed in tal senso va citata la furia dell’omicidio finale, effettuato con una lunga serie di coltellate nel petto, ad infierire anche nei confronti di un corpo ormai privo di vita. Tuttavia, il messaggio è banale, nel momento in cui i soggetti “buoni” in questione hanno assistito alle tragiche morti dei genitori, di una moglie, ed al rapimento di una bambina piccolissima, è più che comprensibile il desiderio di recuperare la bambina innanzitutto, e poi quello di sopravvivere, di difendersi anche a costo di uccidere.
Rivisitato da Alexandre Aja in un omonimo remake del 2006, il film di Craven è considerato un cult da parte di una larga fetta di fans, ma nonostante ciò, nonostante la sua importanza storica (tra le altre, cose, è anche omaggiato ne La Casa con una locandina presente in cantina, così come a sua volta proprio ne Le Colline Hanno Gli Occhi è presente una locandina de Lo Squalo) risulta monotono ai limiti della noia, oltre che derivativo e prevedibile. Di buono rimangono alcune dinamiche, l’alternanza tra notte/vittime e giorno/carnefici, i vividi colori del cielo ed i peculiari personaggi della famiglia di cannibali, a partire da Plutone, ritratto anche nella locandina. Troppo poco, comunque, per potersi dire soddisfatti.