Dispiace, sul serio. Dispiace perchè in questo lavoro di Zuccon senza dubbio alcuno è stato riversato tanto impegno, è stata messa tanta passione, di quella verace che anima un giovane cineasta e che lo spinge a realizzare un lungometraggio impegnativo con pochissimi mezzi, sia economici, sia umani. Eppure, nonostante ciò, il voto che vedete poco più in alto è terribilmente basso.
Ispirato dalle opere di H.P. Lovecraft (che torna su queste pagine dopo Re-Animator), presenti anche nelle opere successive del regista italiano, il film narra una strana vicenda legata al Necronomicon, il ‘Libro dei Morti’, uno dei più famosi pseudobiblia (ovvero libri inventati, non realmente esistenti), scritto dall’arabo pazzo Abdul Alhazred.
Ambientato durante un conflitto mondiale del primo Novecento, L’Altrove racconta del ritrovamento del suddetto libro da parte di un gruppo di soldati che trovano riparo nei pressi di una sorta di vecchia fabbrica abbandonata, dotata di vari tunnel, a mo’ di catacomba. Sebbene la descrizione dell’ambientazione possa apparire quantomeno bizzarra, va considerato come non si riesca a capire bene di che luogo si tratti. In ogni caso, uno dei soldati viene mandato in esplorazione e tra atroci urla sparisce, risucchiato o ucciso da una qualche strisciante creatura: uno dei Grandi Antichi. Gli altri membri del gruppo non faranno fine migliore, e da questo punto in poi Zuccon tenta la carta della narrazione su più piani: il piano temporale oscilla tra presente e flashback, ed il piano della realtà che invece si alterna tra quella al di qua della cosiddetta soglia, oltrepassata la quale si accede al mondo degli Antichi, e quella, appunto, del mondo dei Grandi Antichi. Inoltre si salta continuamente da un personaggio all’altro, per raccontare ciò che ad ognuno di loro capita una volta oltrepassata la soglia.
Torture, pressanti richieste di consegnare il libro, allucinazioni, danno vita ad un tourbillon di eventi all’interno del quale risulta praticamente impossibile raccapezzarsi, anche per via dell’ambientazione praticamente unica, dove gira e volta finiscono per aggirarsi tutti i personaggi senza riuscire quasi mai a capire il perchè ed il per come si trovino proprio lì. Nessuna delle vicende personali viene sviluppata a formare un nucleo solido intorno al quale sviluppare la trama, che quindi risulta narrata male, con una sceneggiatura sfilettata e spezzettata. A ciò si aggiunge un livello recitativo un pelino sopra l’amatorialità.
Tutto da cestinare, dunque? No, perchè qualche nota di merito c’è. Oltre alla scenografia, che considerando il bassissimo budget risulta essere onesta ed apprezzabile, a rendersi particolarmente interessanti sono i movimenti di camera di Zuccon, che si districa bene tra piani sequenza, originali visuali in soggettiva e bellissimi passaggi con camera a mano, molto efficaci e ben girati. Anche il concetto di base della trama non è da buttare, ma come già detto, la narrazione della vicenda rasenta il non-sense, ed inevitabilmente da un certo punto in poi scappa qualche risata perchè non ci si capacita del perchè di quello stacco, del perchè quel personaggio si trovi in quel luogo e cosa stia facendo. E quindi, nonostante il cappello introduttivo, non si può proprio premiare una pellicola del tutto dimenticabile.