Originariamente uscito nelle sale americane nel novembre 2007, a poco più di un anno di distanza Il Respiro Del Diavolo giunge in Italia, e la prima domanda che sorge è: “Perchè?”. La seconda è: “Ce n’era davvero bisogno?”. Alla prima non sono in grado di fornire una risposta, alla seconda si: la risposta è no.
La vicenda appare fiacca fin dal principio, quando un ex detenuto, Max Truemont (interpretato da Josh Holloway, noto al pubblico televisivo nelle vesti di Sawyer di Lost), non avendo la possibilità di acquistare un ristorante dal quale intende ripartire si fa trascinare nuovamente in un’impresa criminale dall’amico Sidney: stavolta si tratta di rapire un bambino appartenente ad una ricca famiglia, con l’ovvio scopo di chiederne il riscatto. Il rapimento va a buon fine, ed il bambino viene portato in un’abitazione sufficientemente isolata.
La parte iniziale, dunque, è quella di un thriller vero e proprio, ma è carente dal punto di vista della tensione e della credibilità. Poi la vicenda vira bruscamente verso l’horror soprannaturale quando David, il bambino rapito, comincia a dimostrarsi per quello che è, ovvero una creatura probabilmente demoniaca dotata di poteri psichici e di controllo mentale, grazie ai quali è in grado di portare le persone a compiere determinate azioni, anche in virtù della sua capacità di leggere nel pensiero e del fatto che conosce a menadito il passato di ciascuno dei suoi carcerieri. Ed è proprio su questo che gioca per creare dissapori e per metterli l’uno contro l’altro, riuscendo a spaventarli coi suoi disegni premonitori che sistematicamente finiscono per avverarsi. Il finale lascia spazio ad una sorpresa (il mandante del rapimento) e ad una situazione di inseguimento e relativo colpo di scena, se così vogliamo chiamarlo, quando tutto pareva deciso.
La pochezza della trama non è il difetto principale de Il Respiro Del Diavolo, le cui debolezze vanno imputate invece al gusto kitsch delle situazioni (il cacciavite che cade e si conficca in testa, la pietosa telefonata dei rapitori, il macchiettistico rapitore diabetico) e a qualche punto di contatto col classico Omen, dal quale mutua in toto il personaggio del bambino demoniaco e malvagio, senza però renderne la metà in termini di pathos ed atmosfera.
Per tornare alla domanda iniziale, no, decisamente non si sentiva il bisogno di portare nelle sale una pellicola formalmente discreta ma dal contenuto ben poco interessante.