Dopo un planetario successo commerciale, come quello ottenuto da John Carpenter col suo Halloween – La Notte Delle Streghe, è sempre difficile ripetersi agli stessi livelli qualitativi e di incasso. Ma il regista di Carthage affronta la sfida nel migliore dei modi, discostandosi in maniera piuttosto netta dal suo precedente film e confrontandosi con una storia sovrannaturale e fortemente legata alla tradizione dei fantasmi.
Nonostante i problemi di realizzazione, dovuti ad un budget molto modesto e ad alla necessità di aggiungere e rigirare alcune scene per raggiungere la durata minima affinché la pellicola potesse essere distribuita nelle sale cinematografiche, Fog si presenta al grande pubblico come un’opera matura e carica di un’atmosfera densa ed avvolgente, aggettivi che ben si adattano alla nebbia protagonista della vicenda. A San Antonio Bay tutto è pronto per i festeggiamenti del centenario dalla fondazione della cittadina californiana. Dopo un breve prologo che ci mostra un vecchio marinaio alle prese con dei racconti di vecchie leggende locali di fronte ad un gruppetto di bambini, vengono presentati i principali personaggi del film, in particolare Jamie Lee Curtis, lanciata in Halloween e qui riconfermata da Carpenter, ed Adrienne Barbeau, nei panni della solitaria conduttrice di un programma radiofonico dal faro all’interno del quale vive. Un grosso banco di fittissima nebbia luminosa incombe sulla città ed arriva dal mare, dal quale provengono inquietanti notizie a proposito di un peschereccio i cui marinai sono ritrovati tutti morti in una maniera particolare, ovvero come se fossero rimasti immersi in acqua per moltissimo tempo, cosa impossibile dal momento che erano salpati il giorno prima. Durante la notte la nebbia giungerà a San Antonio Bay, una nebbia quanto mai viva e popolata da creature provenienti dal passato e dalle oscure vicende che portarono alla fondazione della cittadina. E così, gli abitanti si troveranno a dover pagare un debito di sangue per una colpa dei propri avi, rei di aver causato volontariamente la morte un gruppo di lebbrosi il cui veliero era diretto nei pressi della baia nel tentativo di stabilire lì una colonia, e che invece vengono attirati dai padri fondatori di San Antonio Bay presso una scogliera dove, con l’aiuto di una provvidenziale nebbia, il veliero ed il suo temuto carico si schiantano. Al centenario esatto da quell’episodio, quei morti gridano a gran voce vendetta.
L’atmosfera di Fog è malvagia e perennemente inquietante. I sussulti veri e propri non sono tantissimi, perché Carpenterraramente cerca il colpo ad effetto, tuttavia la tensione è palpabile così come il fascino che scaturisce dall’ambientazione e dai tempi della storia. Tutto si svolge in un’unica notte, col banco di nebbia che giunge ad artigliare la cittadina e con i fantasmi che porta con sé pronti a bussare alla porta delle case dei loro discendenti col solo scopo di ucciderne sei per saldare il debito e vendicare la propria morte. Il cast di personaggi è variegato, si passa dal parroco ubriacone, all’autostoppista disinibita all’abitatrice del faro, figure che in un modo o nell’altro finiscono per apparire familiari ben prima che si arrivi alle sequenze in cui si parteggia inevitabilmente per loro e per la loro salvezza. L’uso della camera da parte di Carpenter non è mai stato lento e statico tanto quanto in questo film, ma la scelta si rivela azzeccatissima perché riesce a sottolineare la drammaticità degli avvenimenti ed anche il lento, costante ed inarrestabile incedere della nebbia densa e giallognola che avvolgerà San Antonio Bay nel corso della sua notte più lunga.
Permettetemi una considerazione personale. Carpenter ha definito questo film come un classico dell’horror minore, affermando che non si tratta del suo miglior film a causa del budget basso e della necessità di rigirare alcune scene. Fermo restando che avrà i suoi ottimi motivi per dire ciò, ho da sempre subito enormemente il fascino di Fog. Magari un po’ statico, con una recitazione non sempre soddisfacente e con evidenti mancanze dal punto di vista della scenografia e degli effetti, rimane una pellicola in grado di calare totalmente nel proprio mondo e nelle proprie atmosfere, avvolgendo lo spettatore, avvinghiandolo e non liberandolo fino alla fine.