Un autore, e come lui qualsiasi creatore di contenuti, si vede spesso rivolgere la domanda: “Ma tu, le idee, dov’è che le trovi?”, o la variante sintetica: “Ma come ti vengono?”.Si potrebbe pensare che ci siano tra di noi persone con questa particolare capacità di avere sempre guizzi di creatività: che sia per un video da caricare su YouTube, per un racconto, per un film, per una pubblicità, per una illustrazione, per un contenuto da proporre sui social, poco cambia.
Creano.
Producono con frequenza alta o altissima. E, cosa ancora più importante, lo fanno con costanza e regolarità.
C’è chi invece patisce perché vorrebbe creare ma non ha questa stessa facilità e continuità nel dar vita a nuovi contenuti. Qualche volta, stanco e frustrato, potrebbe arrivare a pensare di non essere abbastanza creativo, di non avere idee, e che invece quello lì, quell’autore che sforna un romanzo all’anno, deve avere un’innata abilità per riuscire a essere così tanto produttivo.
Ma è proprio così che funziona?
Proverò a riflettere sul modo in cui nascono le idee e, soprattutto, su come sia necessario accudirle e modellarle prima di poterle trasformare in un contenuto creativo.
Le idee. O meglio: non avere idee
Il lettore ideale di questo articolo lo immagino così: un aspirante scrittore, oppure uno scrittore con già qualcosa all’attivo ma ora in fase di blocco creativo, che è intenzionato a concretizzare la propria voglia di scrivere qualcosa di nuovo. Ma ha un problema: si ritrova privo di idee.
Nel corso di una qualsiasi nostra giornata, siamo travolti dalle immagini: il notiziario in tv, i titoli di un quotidiano, le foto sui social network, le conversazioni via messaggi o dal vivo con altre persone, le azioni, la voce e l’aspetto di chi incrociamo per lavoro o mentre andiamo a fare la spesa.
Parliamo al telefono con qualcuno e ci racconta una storia.
In pausa caffè o pausa pranzo in ufficio, un nostro collega ci racconta di quella volta in cui o di cosa gli è successo proprio ieri sera.
Siamo immersi nelle storie, continuamente.
A queste si aggiungono le storie inventate: film, romanzi, fumetti, serie tv, testi di canzoni.
Insomma, viviamo all’interno di un sistema di narrazioni, di immagini e di accadimenti di cui veniamo costantemente a conoscenza. Il nostro cervello è sottoposto a stimoli continui e dei generi più diversi.
Sì, sì, va bene, ma non è che se sento mia cugina raccontarmi della sua storiella estiva con Umberto mi viene in mente l’idea per scrivere un racconto come quelli di Buzzati.
Molto vero. Tuttavia, sono convinto che una delle differenze tra chi è molto creativo e chi invece fatica a immaginare anche solo un accenno di storia risieda nella maniera in cui gli stimoli esterni vengono dapprima recepiti, e poi elaborati.
Restare sempre in ricezione attiva
Un’idea, nel nostro ambito di riferimento, è un concetto, un’immaginazione, un avvenimento in grado di dare vita alla narrazione o, quantomeno, al desiderio dell’atto della narrazione.
La possiamo quindi vedere come una elaborazione del nostro vissuto, o di qualcosa di afferente al nostro sistema di conoscenze e di riferimenti.
L’idea è il risultato di una nuova combinazione di elementi preesistenti, possibile grazie all’abilità di vedere e creare delle relazioni tra di essi.
Immaginiamo di stare guardando un film. Sullo schermo compaiono dei personaggi, hanno un certo aspetto fisico, un modo di vestire, si muovono in un contesto preciso, hanno relazioni con altri personaggi, aspirazioni, problemi, difetti, sogni, speranze, drammi personali.
Quando entriamo in contatto con una storia di qualsiasi natura, possiamo provare a sforzarci al fine di recepirla in maniera attiva, elaborando quanto immagazziniamo, riflettendoci su per dare la nostra interpretazione dei fatti oppure per immaginarli traslati in un contesto a noi più prossimo o affine.
Un buon esercizio, quindi, è quello di porsi sempre domande sulle storie con le quali entriamo in contatto, suii luoghi che visitiamo, sulle immagini che ci capita di vedere durante la navigazione su siti o social network, e in generale su qualsiasi cosa possa stimolare il nostro interesse.
Teniamo la nostra curiosità sempre attiva, permettiamo al nostro cervello di ragionare e di immaginare attorno a ciò che riceviamo sotto forma di stimolo.
Non sempre ne ricaveremo qualcosa di utilizzabile. A volte si rivelerà una strada priva di sbocchi, ma sono molteplici i modi in cui informazioni e concetti diversissimi possono legarsi per dare vita a nuove immagini e a nuove, possibili storie.
Elaborare e strutturare le idee
Alla domanda: “Da dove ti vengono le idee?”, Stephen King, uno che nella vita di idee ne ha avuta più di qualcuna, risponde così:
Prendo le mie idee dappertutto. Possono essere legate a una cosa che vedo, ma in molti casi nascono dall’osservazione di due cose e dal modo in cui queste due cose si intrecciano in qualche maniera nuova e interessante. Infine, aggiungo la domanda: “Cosa succederebbe se…?”. È sempre questa la domanda chiave.
Osservare qualcosa.
Osservare qualcos’altro.
Creare relazioni tra immagini diverse, tra eventi diversi, anche lontanissimi nel tempo e nello spazio.
Dopodiché, il passo successivo a questo primo embrione può essere cominciare a porsi domande (ne ho accennato nell’articolo sulle mappe mentali e su come sia possibile utilizzarle per elaborare le idee e progettare una storia).
Che tipo di domande? Vediamo qualche esempio:
- Cosa succede a questo personaggio che ho immaginato con quest’aspetto e in questa situazione di partenza?
- Cosa è accaduto prima affinché si ritrovasse in questa situazione?
- Quali saranno le conseguenze del suo gesto, oppure dell’evento che subisce?
- Qual è il suo sistema di relazioni?
- Quale il contesto in cui si muove e vive?
E così via. Non c’è fine alle possibili domande per arricchire una idea in fase di nascita e di elaborazione.
Tutto nasce, comunque, dal germe indotto da una prima immagine, da un primo avvenimento che ci ha stimolato una riflessione.
La nostra bravura dovrà essere proprio questa: tenere la mente vigile e attiva, per poter raccogliere e conservare gli stimoli al fine di elaborarli e trasformarli una possibile idea originale da sviluppare e – ci si augura – da scrivere.
Scrivere aiuta a scrivere
In un altro articolo, ho parlato di alcuni dei benefici di scrivere ogni giorno.
Se è vero che è un’attività piuttosto complicata se parliamo di narrativa pura, possiamo provare a immaginarla in una veste leggermente diversa.
Scrivere, infatti, non significa unicamente scrivere narrativa.
Possiamo infatti scrivere un diario, o sperimentare con la scrittura automatica.
Nell’ambito della stimolazione e della nascita di nuove idee, scrivere può essere una tecnica assai utile. Per esempio, un esercizio interessante potrebbe essere quello di iniziare a scrivere qualcosa che abbiamo visto, sognato oppure ricordato di recente, lo spezzone di un film o di un libro che abbiamo letto, qualsiasi cosa ci venga in mente.
Nel raccontarlo in forma scritta, per ora indirizzata esclusivamente a noi, possiamo iniziare a sentire una più diretta connessione con l’avvenimento stesso. In un certo senso, così facendo riusciamo ad avvicinarci al fatto, lo osserviamo e lo analizziamo in maniera più profonda.
Qualcuno dice che non si è in grado di pensare come forma d’azione pura, ma per farlo è necessario scrivere.
Per alcuni, quindi, mettersi a scrivere può rappresentare una forma di pensiero, un modo per ragionare davvero sulle cose, per andare più a fondo, per trovare significati e sfaccettature che altrimenti non sarebbero riusciti a cogliere.
Conclusioni
Abbiamo visto come un’idea non debba essere necessariamente vista come un’entità astratta che ci raggiunge quando meno ce lo aspettiamo.
Possiamo invece provare a rendere attivo il processo. Per farlo, sarà necessario entrare nell’ottica di accogliere, custodire e coltivare in maniera consapevole le informazioni che recepiamo dal mondo esterno.
In tutto si può nascondere l’idea in grado di dar vita al nostro prossimo progetto, anche nell’evento o nello stimolo in apparenza meno significativo.
Sta a noi cercare di intrappolarlo e di renderlo nostro, affinché si possa trasformare nella storia che andremo a sviluppare e a scrivere.
Infine, l’aspetto forse più banale: scrivere aiuta a scrivere. È proprio scrivendo che si possono creano connessioni in grado di dare vita a nuovi spunti.
Senza dimenticare un altro aspetto fondamentale: concedersi il tempo per riflettere e rielaborare.
Ti è mai capitato di avere carenze di idee? Se sì, come ti sei comportato per provare a forzare il processo ed evitare di rimanere bloccato? Cosa consiglieresti in base alla tua esperienza?