Quello che c’è da sapere su 47 Metri lo si intuisce nei primi minuti del film: due sorelle, Lisa e Kate, sono in vacanza in Messico. Una delle due è dinamica, sveglia, intraprendente, mentre l’altra è in un passaggio difficile essendo appena stata lasciata dal ragazzo, accusata di essere noiosa. Le due, una per spirito d’avventura e l’altra per dimostrare a sé stessa e all’ex-ragazzo di non essere una persona spenta e priva di spirito d’avventura, decidono di lanciarsi nell’esperienza dell’osservazione da vicino degli squali nel loro habitat naturali. Spinte anche da due ragazzi conosciuti sul posto, si immergono all’interno di una gabbia, attendendo l’arrivo degli squali.
Quello che succede subito dopo è abbastanza prevedibile, gli squali arrivano, le ragazze non riescono a fare foto perché perdono la macchina fotografica, si emozionano e divertono fin quando arriva il momento di essere tirate in superficie. Peccato che qualcosa va storto e la gabbia precipita sul fondo del mare, a 47 metri di profondità. La distanza dalla barca è troppa perché le comunicazioni funzionino, e si rendono necessarie delle pericolosissime sortite per cercare di comunicare che sono ancora vive e che necessitano di aiuto.
Dal momento della caduta della gabbia, la vicenda si fa tesa per via di una serie di fattori: il tempo per le ragazze è limitato dalla durata delle bombole d’ossigeno; la risalita a nuoto non è possibile per via della presenza degli squali. Il tutto quindi si svolge all’interno della gabbia, col tempo e le speranze che arrivino i soccorsi ridotti a un lumicino. E fondamentalmente il film sta tutto qui, immoto in una serie di tentativi di comunicare con la superficie, nella disperazione, il tempo che stringe, le motivazioni stupide dei personaggi, che sembrano più spinti dalla voglia di dimostrare qualcosa all’ex-ragazzo che dallo spirito di sopravvivenza. A mancare sono anche le trovate in grado di dare vitalità a una storia che finisce per appiattirsi e ripetersi fino al finale, quando viene tentata la carta delle allucinazioni per offrire qualche spunto di maggiore interesse.
Pur essendoci qualche somiglianza con Paradise Beach, 47 Metri ne esce con le ossa rotte sotto tutti i punti di vista: recitazione (in particolare scadente nella protagonista, Mandy Moore, la cantante), dialoghi, sceneggiatura. La presenza degli squali è aleatoria, appaiono e scompaiono in maniera funzionale alle necessità della storia, scritta senza il minimo guizzo e anche del tutto incredibile. Per la maggior parte del tempo quindi tutto ciò che si vedrà è la gabbia e le due ragazze all’interno che fanno e dicono cose stupide. L’unico proiettile in canna viene riservato per la conclusione, che offre un colpo di scena discreto ma forse un po’ troppo preparato e rimarcato nel resto del film. In definitiva, un film del tutto evitabile.