Ritorna Pascal Laugier, già visto su queste pagine in occasione dei due precedenti lungometraggi Saint Ange e Martyrs. Ancora quattro anni sono intercorsi tra un film e il successivo, ma stavolta la produzione è internazionale e si sposta verso un budget più sostanzioso, che permette al regista e sceneggiatore francese di poter assoldare Jessica Biel nel ruolo della protagonista e la ragazzina prodigio dell’horror Jodelle Ferland.
Dopo la digressione estatica e di forte impatto grafico vissuta con Martyrs, Laugier ritorna sui suoi passi cesellando una trama da thriller/mystery ricca di twist e incomprensibile fino all’ultimo minuto. In questo e nelle atmosfere, assistiamo quindi ad un riavvicinamento a quelle che erano appartenute a Saint Ange e che si erano sublimate in una determinazione più feroce e visionaria nel successivo gioiellino del 2008. La cittadina di Cold Rock ha vissuto grazie alle sue miniere ma sta vivendo un inesorabile declino. Gli ormai pochi abitanti vivono una vita fatta di insoddisfazione e di isolamento. Julia, l’infermiera che porta avanti il pronto soccorso del paese, ha perso il marito da poco più di un anno e cerca di fare del suo meglio per dare aiuto alla gente del posto, finendo per vivere l’eterno confronto col marito medico che tanto era amato dai locali.
Quel che rende Cold Rock particolare è la tendenza alle sparizioni dei bambini, che non vengono mai più ritrovati. Serpeggia tra la popolazione del luogo la leggenda del Tall Man, una misteriosa figura alla quale vengono attribuiti i rapimenti e le terribili torture alle quali si suppone vengano sottoposti i bambini. La vicenda, fino a questo punto solo introduttiva e devota alla ricreazione delle atmosfere e delle storie che animano il film, prende realmente il via col rapimento del figlio di Julia. Da quel punto in avanti si innescherà una lunga serie di colpi di scena che daranno vita ad un finale inatteso quanto, a suo modo, poetico.
I Bambini Di Cold Rock è un thriller che solo di rado vuole fare capolino nei canoni dell’horror, pur tuttavia mantiene vivo il livello della tensione grazie ad una vicenda misteriosa che anima la curiosità dello spettatore e che lo spinge, al netto di qualche vuoto e di qualche recitazione non impeccabile – a partire dalla stessa Biel, fin troppo enfatica in alcuni passaggi – alla massima attenzione fino al finale, che ciascuno vivrà secondo la propria sensibilità in termini positivi o negativi. A dispetto di una trovata di base che può anche essere considerata ingenua, Laugier non manca di costruire un intreccio che riesce ad essere abbastanza credibile a dispetto di twist e contro-twist che, nel rimescolare le carte, rischiano di far perdere l’orientamento alla vicenda stessa e a chi dovrebbe comandarla saldamente.
Allontanandosi da Martyrs, Laugier sfrutta nella maniera commercialmente più sensata la chance di dirigere un film con un budget di circa diciotto milioni di dollari: non prosegue sulla linea dell’ultimo lavoro, ma riprende certi ritmi e certe atmosfere a lui già conosciuti e che rilegge con una trama sottilmente misteriosa e vagamente parabolica. Il risultato non è impeccabile e non sempre il film funziona: dura troppo e ha passaggi morti, finisce in maniera quasi infantile, è recitato così così e non gode di un gran ritmo. Non è certo un flop – anche se gli incassi ai botteghini dicono questo – ma è certamente un passo indietro non indifferente dopo un pugno nello stomaco dall’intenso contenuto come Martyrs. La stoffa non manca, tuttavia, e un ritorno tra i ranghi potrebbe far bene al buon Pascal. Alla prossima.