Non amo particolarmente guardare film horror al cinema, vuoi per le risate e il parlottare, vuoi perchè per me le condizioni ideali per godersi un horror sono in solitudine e al buio. A ciò – che sono e rimangono miei “vizi” – si aggiunge un altro aspetto che mi demotiva ulteriormente: mi ritrovo quasi sempre a guardare roba mediocre. Oculus, dunque, riesce ad invertire la tendenza? Mettetevi l’anima in pace: no.
Uscito in Italia in anteprima mondiale, il film si apre con un incubo di Tim, un ragazzo che si trova in un istituto di igiene mentale e che sta per essere lasciato libero. Ha quasi ventuno anni e circa dieci anni prima è stato accusato del duplice omicidio dei genitori, di fronte alla sorella Kaylie, di poco più grande di lui. Nel corso degli anni trascorsi nell’istituto, i medici hanno compiuto con l’adolescente un lungo percorso volto a fargli razionalizzare l’episodio, spogliandolo di quelli che ritenevano essere costruzioni mentali del bambino finalizzate a farlo sentire meno in colpa e a non accettare la realtà.
Facciamo nel mentre la conoscenza di Kaylie e del fidanzato, che lavorano per una casa d’aste. E’ proprio la ragazza la prima persona ad accogliere Tim una volta uscito, ma pronti via lo mette di fronte al suo passato, ricordandogli una promessa che l’allora bambino le aveva fatto prima di essere portato via dalla polizia nel corso di quella tragica notte. La promessa consiste nell’uccidere quella “cosa” per vendicare i genitori. Kaylie è ossessionata dalla vicenda ed in particolare da un antico specchio che pare essere legato alla tragedia; Tim è invece la parte razionale, che prova a spiegarle come tutta quella storia sia stata frutto della loro fantasia di bambini per proteggersi dalla dura realtà dei fatti. Ma lei non ne vuole sapere, anche perchè è tornata in possesso, seppur temporaneamente, proprio di quello specchio. E così, resa ancora più sicura dalle ricerche che l’hanno portata a scoprire una lunga serie di morti misteriose che hanno accompagnato l’intera storia dello specchio, riporta quest’ultimo nella loro vecchia casa, dov’è avvenuto il duplice omicidio e dove mostra a Tim tutto ciò che ha organizzato per dimostrare che la colpa di tutto è dell’antico oggetto.
Organizzata in maniera fin troppo eccessiva e ben poco credibile, la ragazza coinvolge Tim nella sua ossessione mettendolo subito di fronte al passato e al peso dei ricordi che riemergono man mano che i ragazzi parlano rivangando dettagli e, soprattutto, si espongono all’influenza dello specchio: sembra avere i più disparati poteri, dal far morire le piante al creare illusioni, dal controllare le persone all’interrompere le possibilità di comunicazione con l’esterno. E’ un’entità onnipotente ed imbattibile. Se dal trailer avevo pensato a qualche punto di contatto con Riflessi Di Paura, nel corso del film mi sono reso conto del fatto che quello che gli si avvicina di più concettualmente è 1408. Nell’ultima parte, però, la vicenda vira ancora, mostrando qualche punto di interesse nella sovrapposizione e compenetrazione di ciò che avvenne nella notte della morte dei genitori dei ragazzi ed in quella che invece stanno vivendo proprio adesso.
Spogliato dall’apparente complicazione delle ultime fasi, che sono tra l’altro anche quelle meno riuscite in termini sia tecnici sia di interesse generato, Oculus poggia su una trama così misera da poter essere scritta su un tovagliolo e su un’idea confusa e debole: uno specchio malvagio che fa un sacco di cose, ne mostra un altro tot, racchiude delle entità che escono anche fuori di tanto in tanto…insomma, un pasticcio bello e buono privo di qualsiasi fascino. La confusione che viene generata è poco più di un escamotage per non permettere allo spettatore di comprendere cosa sia vero e cosa non lo sia in ciò che sta capitando ai fratelli nel corso del loro tentativo di disfarsi una volta per tutte dello specchio, e così tra flashback, apparizioni, sovrapposizioni ed atti non controllati, si giunge al fatalistico finale che sa di beffardo e non convince. Buona la fotografia.