Darabont ritorna a Stephen King, e c’era da aspettarselo tutto sommato. Giunto al successo in virtù di due pellicole tratte da opere del maestro del brivido (Le Ali Della Libertà ed Il Miglio Verde), dopo la parentesi The Majestic ecco saltar fuori questo The Mist, ispirato ad un racconto contenuto nell’antologia Scheletri.
Parlando di nebbia, è inevitabile che il pensiero corra immediatamente al classico Fog di John Carpenter, ed in effetti i punti di contatto, per forza di cose, sono presenti, sebbene il taglio dell’opera di Darabont risulti decisamente differente.
Una cittadina del Maine viene investita da una strana nebbia, estremamente fitta e quasi tangibile, e l’ambientazione della vicenda è il supermercato locale, all’interno del quale gli avventori si barricano nel momento in cui un uomo con del sangue sul viso corre urlando e raccontando di come un suo amico sia stato preso ed ucciso da qualcosa. Come da tradizione, i telefoni sono fuori uso, ed il tutto è volto a rendere l’idea di totale isolamento. Ben presto si scoprirà che all’interno della misteriosa nebbia si nascondono delle creature stranissime: mostri dotati di tentacoli, insetti e ragni dalle notevoli dimensioni…una vera e propria fauna, con all’interno anche meccanismi di preda/predatore.
Al di là del contenuto strettamente horror/fantascientifico del film, buona parte dell’attenzione è data alle dinamiche interne della microsocietà che forzatamente si è creata, ed è proprio in quel contesto che The Mist dà il meglio, con dialoghi e situazioni credibili, e figure che via via emergono, come quella della fanatica religiosa che ben presto raduna intorno a sé un manipolo di persone che pendono dalle sue labbra (alcuni dei quali giungendo addirittura al suicidio), dando vita ad una sorta di setta totalmente accecata. Palpabile è il senso di abbandono e di serpeggiante follia che pian piano attanaglia le persone poste in una situazione anomala, inspiegabile, claustrofobica.
Evidenti gli omaggi ai B-movie ed alla fantascienza anni Cinquanta, soprattutto per quanto riguarda le strane creature, provenienti da una dimensione parallela e riversatesi nel nostro mondo a causa di esperimenti militari. Gli effetti speciali sono di bassa qualità, probabilmente volutamente retrò, ma spesso è troppo evidente come ci siano i corpi tridimensionali dei “mostri” appiccicati alla meno peggio sull’immagine. Molto sorprendente il finale, senza la benché minima traccia di happy ending (sebbene la vicenda in qualche modo si risolva), ma anzi con un evento tragico che si rivela anche essere un gesto vano.
Ancora una volta convincente il Darabont sceneggiatore, sempre attento alla psicologia dei personaggi che cerca di approfondire e di rendere reale protagonista dei suoi film, e buona anche la sua prova dietro la macchina da presa, con una netta prevalenza di interni. Una pellicola di due ore di durata che nonostante i pochi avvenimenti e l’ambientazione unica all’interno di un supermercato riesce a rendersi godibile per tutta la sua durata, a dispetto di una trama che per forza di cose è solo un pretesto per creare una situazione estrema ma alla quale comunque non viene data la benché minima spiegazione né è degnata di attenzione. Non è quello il focus del film, volto maggiormente all’approfondimento sulla vicenda delle persone coinvolte, ma tuttavia toglie una componente di immedesimazione e credibilità. Se di credibilità si possa parlare al cospetto di una invasione di creature provenienti da una dimensione parallela, chiaramente. Ma questo nostalgico e tragico Darabont piace e convince.