Lo ammetto, già prima di guardare questo film mi ero informato e sapevo che aveva ricevuto dei discreti riscontri, quindi sapevo di non andare incontro ad una porcheria completa. Certo, è trash puro, ma diverte e funziona.
L’inizio del film è un chiaro manifesto dello spirito che lo anima: ironia a palla durante un servizio di un telegiornale che annuncia la vittoria delle elezioni, per la quarta volta consecutiva, da parte di George W. Bush. Durante il servizio scorrono scritte di notizie esagerate ma maledettamente aderenti alla realtà che viviamo. Viene inoltre ricordato ai telespettatori che gli Stati Uniti sono in guerra su una dozzina di fronti all’incirca, tra i quali spiccano Canada ed Alaska! Cosa pensano dunque i geniacci, vista l’insufficienza di uomini da mandare in guerra? Di finanziare delle ricerche scientifiche volte a far rivivere i tessuti morti, in modo da riportare in vita i soldati uccisi. Peccato che la cosa sfugga presto al controllo, ed un laboratorio di ricerca si ritroverà invaso di zombi desiderosi di carne umana.
Una squadra speciale dell’esercito viene chiamata per ripulire il centro, ma non tutto andrà per il verso giusto: infatti, uno di loro verrà morso e fuggirà per non essere ucciso dai propri colleghi, rifugiandosi in uno strip club clandestino gestito da uno strano personaggio interpretato da un Robert Englund divertente e sopra le righe. Durante lo spettacolo di Kat, la stella del locale, interpretata dalla conturbante pornostar Jenna Jameson, il soldato infettato la morderà, uccidendola. Quando lei torna in vita desidera immediatamente tornare sul palco e la sua performance è strabiliante e clamorosa, tanto da guadagnarsi il tripudio dei maschi sbavanti ed adoranti. A quel punto si innesca un meccanismo per cui le altre lap dancer si fanno via via infettare in modo da migliorare la qualità delle loro esibizioni, ma questo porta inevitabilmente a due conseguenze: in primis, al termine di ogni spettacolo ogni ragazza porta nel backstage un cliente sbranandolo, e poi, si creano proprio per questo motivo sempre più zombi, rendendo ben presto la situazione ingestibile.
Il film per intero è ambientato in interni, per la quasi totalità quelli dello strip club, con la sequenza di show da parte delle spogliarelliste zombi che via via si decompongono e perdono sempre di più il loro aspetto umano. Paradossalmente, gli avventori del locale sembrano quasi in uno stato di trance, perchè continuano ad inneggiarle anche quando ormai i loro corpi fanno decisamente senso. Ovviamente assurdo è il comportamento dei gestori del club, che come se nulla fosse accettano la realtà dei fatti e monetizzano gli eventi, rinchiudendo le vittime delle zombi in una gabbia che avrà vita breve. In particolare il proprietario è un soggetto stravagante, con le sue manie (spruzza in continuazione uno spray contro le spogliarelliste e non vuole essere nemmeno sfiorato) e la sua infinita codardia.
Trashissimo lo scontro tra due delle ragazze, a colpi di palle da ping pong prima e da biliardo poi sparate con…uhm, immaginatelo. Infine, la chicca finale è la spiegazione della diffusione del virus: la narrazione del colpevole è seria, ma le immagini che mostrano gli eventi sono da risate a crepapelle. Zombie Strippers funziona: è divertente, ironico, demenziale, splatter al punto giusto, con una certa carica di conturbante erotismo, perlomeno durante i primi show delle spogliarelliste. Cosa manca insomma? Direi nulla. Promosso.