Anticipato da un clamore pubblicitario notevole, spinto anche in Italia dall’onda del successo riscosso oltreoceano e presentato come il film in grado di terrorizzare l’America, Paranormal Activity non poteva passare inosservato, per una serie di ragioni che vanno al di là dei suoi meriti, esistenti o meno che siano. Recenti sono le polemiche suscitate dal Codacons in seguito ad alcuni episodi verificatisi in concomitanza della proiezione al cinema del film: persone uscite in stato catatonico, malori, crisi di panico. Roba che sembra uscita da un certo modo di pubblicizzare l’horror tanto in voga tra i Settanta e gli Ottanta.
Scritto e diretto dal regista israeliano Oren Peli nel 2007, girato in dieci giorni nella sua abitazione utilizzando due soli attori pagati 500 dollari a testa, il film sfrutta il meccanismo dei falsi documentari, portato al successo commerciale da The Blair Witch Project ma di cui esistono esempi ben precedenti, come il controverso e spiazzante Cannibal Holocaust del nostro Ruggero Deodato.
La situazione di partenza è quella relativa ad una coppia costituita da Micah e Katie, che convivono da qualche tempo in una graziosa casa e che danno l’impressione di andare d’amore e d’accordo. La loro serenità è minata tuttavia da alcuni fenomeni che si verificano con una certa regolarità, la cui origine è poco chiara. Per far luce su questi eventi, Katie chiama un sensitivo che, al termine di un colloquio e di una visita della casa, le consiglia di contattare un demonologo, in quanto non percepisce la presenza di un fantasma, ma di qualcosa di diverso. Tuttavia, un po’ per l’opposizione di Micah, un po’ per impossibilità concreta, Katie non contatterà mai il demonologo. In compenso, l’idea di Micah è quella di posizionare in camera da letto una videocamera, per registrare tutto ciò che avviene durante la notte e provare a comprendere l’origine dei rumori e degli altri strani eventi. Le registrazioni delle notti vengono velocizzate, fino al momento in cui non accade qualcosa: si passerà da brevi movimenti della porta a suoni che somigliano ad una voce che chiama Katie, da passi nel corridoio a manifestazioni più gravi e pericolose, in un crescendo che influirà inevitabilmente sullo stato mentale della ragazza in particolare, ma anche di Micah, via via sempre più nervoso e meno paziente. Katie spiegherà che questi episodi le capitano sin da quando era bambina, lasciando intendere che siano slegati dalla casa in cui vivono, ma che dipendono solo da lei. Nonostante questo, arrivano a decidere di trascorrere una notte lontani da casa e Micah prenota una stanza in albergo, ma al momento di partire la ragazza, quasi sotto ipnosi, si rifiuta, aprendo le porte all’ultima, tragica notte.
Lunghe sequenze filler e momenti di quotidianità possono rappresentare il punto debole della pellicola, sebbene siano gli elementi in grado di fornire profondità ai personaggi coinvolti ed a farli conoscere al pubblico, che ha così la possibilità di affezionarsi o quantomeno interessarsi delle loro sorti. Ciò che invece funziona molto bene è la struttura del documentario, con le registrazioni delle nottate che lasciano quasi sempre col fiato sospeso, in attesa del prossimo avvenimento in un’escalation drammatica ed inquietante. Su schermo non c’è praticamente nulla, non viene mostrata violenza, non vengono mostrate creature infernali, eppure la tensione è palpabile. Basta questo per renderlo un film così terrificante? No, e questo sarà futile motivo di dibattito, in particolare nell’orda di curiosi e diffidenti che riusciranno a commentare solo con un lapidario: “Non fa per niente paura”. Paranormal Activity è inquietante, lo è eccome, ed il suo merito è quello di riuscire ad esserlo con una trama nient’affatto ricca o originale, e con una realizzazione efficace ma anche molto povera. Successo meritato, ed una boccata d’ossigeno per il genere. Ora si sfrutterà il successo commerciale per girare un seguito del quale, sinceramente non si sente proprio il bisogno. Ultima nota a proposito dei finali alternativi. Ce ne sono tre: uno nella pellicola originale, uno nella versione uscita al cinema ed uno incluso come extra nel dvd. A voi scoprirli, perchè ciascuno di essi ha i suoi elementi di interesse. L’unico commento a tal proposito va al finale originale: suggerito da Steven Spielberg, risulta essere il più debole dei tre.