Con una campagna pubblicitaria volta a sottolineare la vicinanza agli horror old school, Hatchet è il secondo film girato da Adam Green e punta tutto sul suo essere quantomai classico nel suo approccio. Inoltre, non si fa mancare gli urli in locandina relativi alle partecipazioni di alcuni grossi calibri della storia del cinema dell’orrore, vale a dire Robert Englund, Kane Hodder e Tony Todd, rispettivamente il Freddy Krueger di Nightmare, il Jason Voorhees di diversi Venerdì 13 ed il protagonista di Candyman.
Un gruppo di amici si trova in Louisiana dove si sta festeggiando il mardì gras: tra ragazze che mostrano allegramente il seno e fiumi di birra, gli ingredienti per divertirsi sembrano esserci tutti, ma Ben appare pensieroso e quasi infastidito dalla confusione. E’ stato lasciato da poco dalla sua ragazza e non se la sente di festeggiare e darsi alla pazza gioia, quindi comunica agli altri di volersi allontanare per provare il tour della palude di cui gli hanno parlato alcuni suoi amici del college. Uno di loro decide controvoglia di unirsi a lui, e trovano uno strano individuo che organizza un giro notturno in barca per i turisti.
Il gruppo che partecipa è variamente assortito: una coppia di anziani, un sedicente produttore/regista con due ragazze dal cervello di gallina ma con grande confidenza nello scoprire di continuo le tette davanti alla telecamera, una ragazza taciturna e pensierosa, Ben e l’amico. Durante il tour, l’organizzatore si rivela essere chiaramente un impostore, che racconta storie fasulle e leggende di cui nemmeno è ben informato. Inoltre, nulla di strano pare accadere in quel luogo, per la delusione di tutti i partecipanti. Tuttavia, la barca colpisce uno scoglio ed inizia ad affondare, costringendo tutti ad abbandonarla. Ed è da qui che inizia l’azione.
Tra i racconti malamente accennati dalla guida c’è quello relativo alla storia di Victor Crowley, un bambino nato gravemente deforme. Aveva vissuto in una casa vicina alla palude con suo padre, ed era spesso vittima dei crudeli scherzi dei suoi coetanei, nonostante i tentativi di proteggerlo del padre. Una notte di Halloween, tre ragazzini lanciarono dei petardi sotto la finestra della camera di Victor per spaventarlo, ma alcune scintille provocarono un incendio. Il padre, appena rientrato, provò disperatamente a sfondare la porta per portare in salvo il figlio, ma non riuscendoci afferrò un’accetta. Riuscì a divellere una tavola della porta di legno, ma proprio lì dietro c’era Victor, nella cui testa l’accetta si conficcò. La leggenda voleva che di notte, nei pressi dei resti dell’abitazione incendiata, si sentissero ancora i lamenti di Victor spaventato e poi morente. Molti dei dettagli della storia vengono narrati dalla ragazza taciturna, che ben presto rivela di essere lì alla ricerca di suo padre e suo fratello, usciti a cacciare alligatori un paio di notti prima e mai più rientrati.
Da questo momento in poi, il film diventa un classico slasher. Il deforme Victor, vivo e divenuto adulto, aggredisce con un’accetta ed è dotato di forza sovrumana, che gli consente di uccidere le sue vittime in modi incredibili ed impossibili fisicamente: torsioni della testa di 360°, braccia staccate di netto semplicemente tirandole, impalamenti di fortuna usando il manico di un badile. Una sequenza di sanguinolente uccisioni, insomma, eccessiva e piuttosto divertente. La natura di Victor è quella del classico serial killer presente ovunque, inarrestabile e praticamente immortale, visto che sopravvive ad un colpo di pistola, ad un tentativo di bruciarlo e ad un’asta di ferro conficcata nel petto. Il finale, non del tutto prevedibile, lascia spazio ad un seguito, il primo dei quali è di prossima uscita.
Green confeziona un prodotto assolutamente old school, che ripesca tanto della tradizione classica degli slasher americani. Inoltre, condisce il tutto con un’evidente vena eccessiva e con tocchi di humour da commedia, per dare colore al tutto. La ricetta è collaudata, ma la pietanza si rivela insipida: una trama debole e per niente profonda, dei personaggi noiosi ed un killer privo di caratterizzazione lo privano di componenti fondamentali per rimanere impresso nella mente, relegandolo a mero divertissement. E ci si chiede per quale motivo sia stato portato nei cinema italiani a ben tre anni di distanza dalla sua uscita americana. Potevamo tutto sommato farne a meno.