In un certo senso, in Italia c’è spesso stata una forte ricettività nei confronti dei capolavori provenienti dall’estero, Stati Uniti in particolare, ed in alcuni casi l’influenza dei grandi successi commerciali ha provocato la nascita di alcuni epigoni, a volte copie, altre scialbi seguiti, altre ancora dei film con piena dignità. In quest’ultima cerchia rientra alla perfezione L’Anticristo, pellicola del 1974 che segue a ruota L’Esorcista di Friedkin e ne ripropone tema ed atmosfere, pur offrendo uno svolgimento personale.
Va subito evidenziato che ci si trova dinanzi ad una produzione di ottimo livello, a partire dal cast, comprendente l’ottima Carla Gravina, Alida Valli, Remo Girone, attori internazionali come Mel Ferrer ed Arthur Kennedy, la partecipazione speciale del grande Mario Scaccia, proseguendo con la colonna sonora, composta da Ennio Morricone e Bruno Nicolai, e terminando con la fotografia, diretta da Aristide Massaccesi, ai più noto con lo pseudonimo Joe D’Amato. Da un gruppo di artisti di questo calibro non ci si poteva aspettare un lavoro mediocre, ed infatti non lo è, fin dalla presentazione estetica e dal taglio registico. La qualità visiva è buona ed è priva della patina tipica delle produzioni nostrane low-budget.
Ippolita è una ragazza appartenente alla nobile e ricca famiglia degli Oderisi, ed è costretta sulla sedia a rotelle a causa di una paralisi sopravvenuta in seguito ad un incidente stradale che ha provocato la morte della madre. Da allora sono stati tanti i tentativi da parte del padre e del fratello Filippo, ormai disposti ad aggrapparsi anche ai miracoli pur di riuscire ad aiutare la giovane e permetterle di vivere una vita normale e di poter vivere l’amore che tanto desidererebbe ricevere. Dopo il fallimento di un viaggio presso il santuario della madonna dei sette dolori, una nuova speranza viene offerta dall’arrivo di uno psicologo convinto che il suo problema sia mentale più che fisico, dal momento che non vi sono lesioni tali da giustificare la sua paralisi. Inizia dunque una serie di sedute di ipnosi regressive col fine di esplorare il passato della ragazza, fino a giungere a ricordi riguardanti un’altra epoca, ed una sua antenata condannata al rogo per stregoneria. Ippolita riprende a camminare, ma come rovescio della medaglia iniziano delle manifestazioni di possessione demoniaca via via più pericolose e raggelanti, miste ad una irresistibile gelosia nei confronti del padre che stava allacciando un nuovo legame sentimentale.
La trama presenta alcune ingenuità per ciò che concerne alcuni passaggi e dettagli di sceneggiatura: inspiegabili le sedute di ipnosi, così come il legame tra la guarigione dalla paralisi e la possessione demoniaca, indicata dallo psicologo come effetto collaterale. Eppure, nonostante alcune evidenti falle narrative, durante la visione il film riesce ad apparire credibile e coeso, per merito di una serie di elementi validi. Si parte dalla recitazione, sicuramente al di sopra dello standard medio visto negli horror nostrani e con delle interpretazioni ottime, in particolare di Carla Gravina che è un’indemoniata eccellente; ma è soprattutto l’atmosfera realistica che permea il film con un alone di malvagità e di ineluttabile incombenza a rendere solida la pellicola di De Martino, abile nel costruire senza fretta un contesto ricco di sfumature, tra rapporti familiari morbosi, fede incerta, sessualità repressa ed erotismo.
I mezzi a disposizione sono discretamente buoni, ma non ne godono i pochi effetti speciali presenti, che si manifestano sotto forma di una levitazione e di una caduta al suolo che tecnicamente sono realizzati in maniera molto approssimativa. Come si potrà immaginare, il focus del film non è lo splatter o l’exploitation, quanto l’atmosfera di malvagità corrosiva dettata dalla presenza strisciante del maligno, del demonio. Il risultato finale non delude, ma si rimane a debita distanza da L’Esorcista, modello ispiratore che non viene avvicinato né per realizzazione né per aura maligna. L’Anticristo è però opera degna, una risposta italiana valida, ricca di caratteri evocativi ed interessanti, magari acerba sotto certi aspetti ma interessante e con una identità rispettabile. Non aspettatevi una mera copia, ma un film che tratta la possessione in maniera differente, un po’ meno canonica per quanto ingenua nei presupposti. E ci consegna un altro tassello nella nostra ricca storia di cinema horror, storia della quale continueremo ad occuparci con sempre maggiore curiosità, entusiasmo, passione e, lasciatecelo dire, con un bel po’ di orgoglio patriottico.