La chiesa (1989)

Anno di uscita
1989
Titolo originale
La chiesa
Regia
Michele Soavi
Genere
stregoneria, onirico
Cast
Tomas Arana, Barbara Cupisti, Feodor Chaliapin jr, Asia Argento
Durata
102'
Paese
Italia
Voto
7

L’urlo presente nella locandina è chiaro: Dario Argento, dall’alto della sua innegabile esperienza ed anche del ruolo di guida dell’intero movimento horror italiano ottantiano, aveva battezzato Michele Soavi, se non come suo erede, quantomeno come cavallo di razza sul quale puntare le speranze di un genere che dimostrava segni di cedimento in termini quantitativi e di interesse del pubblico. E così, da quello che avrebbe dovuto essere il terzo episodio di Dèmoni di Lamberto Bava, nacque La Chiesa, con l’aggiunta, voluta dallo stesso Soavi, del prologo medievale.

Prima di iniziare a parlare del film, rubo qualche istante per raccontare la mia personale esperienza. Vidi La Chiesa quando avevo 10-11 anni, in seconda serata su Rete 4 o Italia 1, su una tv da 15 pollici in bianco e nero e praticamente senza audio. Capii poco o nulla della trama, ma una serie di immagini si stamparono nella mia mente e mi suscitarono reazioni talmente forti che finii per sentirmi male poco prima del finale del film. Quella notte ed il giorno seguente mi interrogai sull’episodio, e capii che mai qualcosa mi aveva suggestionato in maniera così violenta. Da quel momento in poi, non avrei più abbandonato l’horror. È dunque ovvio che rivedere questo film a distanza di oltre 15 anni significhi un salto nel passato non indifferente, ed inoltre pochi giorno dopo aver visitato a Budapest la superba chiesa di san Mattia, usata per gli esterni proprio di questo film.

Il succitato prologo ci getta nel pieno delle superstizioni medievali relative alla stregoneria ed al contagio che da esso si riteneva fosse portato. Un gruppo di cavalieri teutonici uccide in una caverna delle fantomatiche streghe, le calpestanti, e successivamente passa a fil di spada un intero villaggio, ritenuto contagiato dal morbo, ma forse più semplicemente colpito da un’epidemia di peste. I morti vengono gettati in una fossa comune e ricoperti di terra, calce viva ed una grossa croce di legno, mentre un prete comanda che a sigillo di quella fossa di dèmoni sia eretta una chiesa.

L’azione si sposta nel presente, all’interno di una cattedrale gotica frequentata da una serie di coloriti personaggi. Un bibliotecario da poco assunto scopre una pergamena che fa riferimento ad una pietra con sette occhi, che finisce per trovare nei sotterranei della chiesa, al centro di una croce che lo spettatore conosce bene. Rimuove la pietra e da quel punto in poi il film assume connotati totalmente diversi, tra allucinazioni, visioni oniriche, sequenze mostrate allo spettatore ma subito smentite, comportamenti a volte incomprensibili ed una generale degenerazione verso la follia e la malvagità.

Quanto di tutto questo sia voluto è impossibile stabilirlo, dal momento che la sceneggiatura si rivela sempre più confusionaria e lo stesso soggetto perde qualche colpo non da poco. Per quale motivo si diffonde una sorta di morbo quando viene scoperchiata la fossa? Un morbo che per giunta chi contrae trasmette col contatto con altre persone. I comportamenti diventano sempre più folli ed inspiegabili, e la vicenda inizia a svolgersi nel chiuso della cattedrale poiché un antico sistema di sicurezza ha sbarrato l’unica porta di accesso ed uscita. Tra uccisioni spettacolari e morti violente, Soavi mette il suo zampino nella caratterizzazione del film da un punto di vista estetico che piace e convince, regalando una serie di sequenze ed immagini suggestive che mi hanno fatto ricordare il motivo per cui, un bel po’ di anni fa, la pellicola tanto mi impressionò. Come particolare, il regista sembrerebbe gettare la croce addosso più ai cavalieri teutonici, vittime di una cieca superstizione, che non sulle presunte streghe, dato che dopo l’apertura della fossa le visioni riguardano proprio i cavalieri teutonici, in atteggiamenti minacciosi nei confronti di chi ha modo di “vederli”.

Difetti di contenuto il film ne ha a iosa, tra spiegazioni non date, irrazionalità assortite, ed uno sviluppo della trama privo di alcune connessioni logiche. Tuttavia non è presente la destrutturazione tipica, ad esempio del cinema argentiano: il tentativo di costruire una trama che affondi nel passato c’é, a mancare è una buona gestione del tema. A dispetto di ciò, dal punto di vista strettamente visivo il film offre parecchio, a partire da una gran cura per la fotografia, per finire con un’ottima selezione di caratteri che formeranno un gruppo colorito ed anch’esso inquietante: la ragazzina ribelle, figlia del sacrestano, che fugge ogni notte per andare a ballare; il sacrestano posseduto, la coppia di anziani un po’ svampiti che battibeccando finiranno per regalare un momento di follia assoluta e di estrema visionarietà; il vecchio pastore della cattedrale gotica. Ma soprattutto, il male, che qui assurge a forma inafferrabile, che non può essere combattuta poiché ignoto ed incomprensibile.

La chiesa (1989)
Voto del redattore
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