Siamo nel 1974. Romero aveva già fatto irruzione nella scena cinematografica lanciando verso il successo commerciale definitivo la figura dello zombi, il morto vivente che ritorna dalla tomba affamato di carne umana. La produzione italo/spagnola di cui ci occupiamo oggi, giunta a sei anni di distanza da La Notte Dei Morti Viventi, potrebbe essere considerata ad una prima, superficiale occhiata come la classica operazione commerciale volta a sfruttare l’onda lunga di un prodotto di successo, magari aggiungendo la novità data dal colore. E invece, signori, ci troviamo di fronte ad un film che merita assoluto rispetto per intelligenza e qualità manifestate.
Ci troviamo nell’Inghilterra degli anni Settanta: nei primissimi minuti conosciamo George, il giovane proprietario di un negozio di articoli d’arte. Sin da subito emerge il contrasto centro urbano/natura, con la confusione, i rumori e l’inquinamento della prima contrapposti alla placida serenità della seconda. Questo rimarrà un tema dominante del film, sebbene l’ambientazione diventerà esclusivamente rurale dopo le prime battute. George monta sulla sua moto e si dirige fuori città per raggiungere la sua casetta in campagna, ma a causa di un piccolo incidente si trova costretto a procedere in macchina con una ragazza di nome Edna, diretta ad un paese nei pressi di quello che avrebbe dovuto raggiungere George. Nel corso del tragitto si fermano nelle vicinanze di una fattoria per chiedere informazioni ed entrano in contatto con una macchina che un paio di scienziati stanno adoperando nel terreno di proprietà del fattore: tale dispositivo emette ultrasuoni in grado di far impazzire i parassiti in modo che si assalgano tra di loro, sventando quindi la minaccia per le piantagioni.
Raggiunta la località dove vive la sorella di Edna, i nostri incappano immediatamente nella tragedia della morte, appena avvenuta, del marito. Le indagini della polizia verteranno esclusivamente su George, reo di essere appena arrivato in paese e di essere uno sconosciuto (nonché capellone), ma in realtà di mezzo c’è uno strano fenomeno di morti che ritornano in vita…
I temi che Grau si trova a maneggiare con grande abilità sono molteplici. Imperante è senza dubbio il tema ambientalista, che si sublima nell’utilizzo della macchina per uccidere i parassiti e che in realtà è la diretta responsabile del risveglio dei morti. La motivazione scientifica è ovviamente debole e pretestuosa: gli ultrasuoni sono in grado di agire sui sistemi cerebrali meno evoluti, quali quelli dei parassiti, ma allo stesso tempo agiscono su quello dei neonati e su quelli delle persone appena morte, che ancora presentano tracce di attività cerebrale. Tuttavia, al di là del tentativo di spiegare il perché le cose avvengano, è palese la condanna all’evoluzione irrispettosa degli ordini naturali delle cose.
L’altro tema che emerge in maniera forte è la dicotomia tra George, figlio della sua epoca, idealista, libero e ribelle, e l’ispettore McCormick, duro, ancorato al passato, franchista e fascista. Le due epoche si scontrano dando vita al mostro che nel film assume le sembianze dello zombi. Infine, non viene a mancare la classica – per quegli anni – critica ai metodi di indagine da parte delle forze dell’ordine, superficiali e cocciute oltre ogni ragionevolezza.
E’ pur vero che chi, tra di voi, voglia semplicemente un buon film sugli zombi si starà chiedendo: “Si, vanno bene i temi ambientalisti e tutto quanto, ma di horror ce n’è? Di morti che camminano e sbranano i vivi ce ne sono?”. In entrambi i casi la risposta è assolutamente positiva. Per la prima, in particolare, non si può non citare la bellezza delle location, non tanto dal punto di vista strettamente estetico, quanto per la loro connotazione ideale per un film del genere: le località inglesi scelte sono grigie e rurali, fornendo un setting pressochè perfetto per una vicenda fosca e inquietante. Da non sottovalutare, inoltre, la presenza di elementi splatter, laddove per la prima volta gli zombi si cibano di interiora umane ben calde, subito dopo aver squarciato l’addome a mani nude. Tale elemento sarà di ispirazione anche per il super-classico Zombi di sua maestà George A. Romero, che nella sua prima installazione zombesca non era ricorso a scene particolarmente sanguinose.
Una curiosità legata al film riguarda il cimitero presso il quale si svolgono alcune sequenze: tradizione vuole che in quel cimitero sia sepolto il Little John della leggenda di Robin Hood, e difatti i turisti che in quei giorni visitarono il luogo si lamentarono della presenza della troupe che lavorava al film e della confusione creata, per non parlare dei rifiuti lasciati un po’ ovunque. Per tale motivo furono invitati a completare le riprese entro un giorno per ristabilire la consueta tranquillità al cimitero e ai suoi visitatori.
Non Si Deve Profanare Il Sonno Dei Morti è una chicca nascosta da rispolverare: apprezzato e riconosciuto sin da subito in Inghilterra, in Italia ha faticato non poco, andando incontro a tre diverse distribuzioni con altrettanti titoli: la prima nel 1974 col titolo originale, la seconda col titolo Da Dove Vieni? (tentativo di cavalcare l’onda di Chi Sei?) e la terza col titolo Zombi 3, per rincorrere il successo di Romero e Fulci con Zombi e Zombi 2. Riscoperto e riconosciuto come piccolo cult solo in seguito, il film di Grau gode di piena maturità stilistica e di contenuti: rimane figlio de La Notte Dei Morti Viventi, e su questo c’è poco da dire anche considerando il fatto che Edmondo Amati, produttore del film, voleva qualcosa di simile a una versione a colori del film di Romero. E invece il risultato ha superato abbondantemente le aspettative, regalando un epigono che, per quanto fortemente figlio del suo tempo, è e resta elegante e molto valido.
Un’ultima curiosità: tutti i versi emessi dagli zombi, dal respiro affannoso al lamentoso incedere, sono stati registrati personalmente dal regista Jorge Grau.