Sul fatto che Greg McLean avesse talento, non avevamo dubbi già dai tempi di Wolf Creek. Il problema, almeno per quanto riguarda quel film, è che le maggiori qualità del regista australiano si erano manifestate nell’ambito delle riprese naturalistiche, mentre dal punto di vista delle tecniche registiche e dell’aspetto horror in particolare ben più di qualche perplessità aveva suscitato. E con Rogue era atteso al varco per capire quali fossero le sue reali potenzialità.
Dopo il brullo e sconfinato deserto australiano ed un predatore implacabile ed onnipresente, McLean ritorna sui maxi-schermi con un gigantesco coccodrillo d’acqua salata che rende un tranquillo e piacevole tour organizzato a bordo di una barca un incubo per i turisti accorsi. Ancora una volta, l’Australia ed i suoi paesaggi naturali fanno non solo da sfondo alle pellicole di McLean, ma diventano personaggi aggiunti se non addirittura protagonisti, comparendo svariate volte e dimostrando il grande amore del regista per la sua terra d’origine, resa in maniera sensibile e con buon gusto visivo. Il momento chiave del film, quello che comporta l’isolamento dei turisti, braccati dal terribile e voracissimo coccodrillo, giunge in maniera assai pretestuosa, ma viene accolta positivamente poiché spezza una pressoché assoluta banalità che aveva animato la prima parte del film. Da quel punto in poi invece vengono fuori vari aspetti positivi, a partire dalle reazioni dei personaggi, tutte ben collegate alla psicologia tracciata e che riescono anche a dare un quadro piuttosto realistico dei vari modi in cui le persone comuni reagiscono in situazioni di estremo pericolo e di lotta per la sopravvivenza.
La tensione viene costruita con sapienza: il gruppo di turisti e la guida subiscono un attacco ad opera dell’animale, che danneggia seriamente l’imbarcazione. Quest’ultima finisce su una lingua di terra in mezzo all’acqua, costringendo il gruppo a rimanere bloccato lì, con la consapevolezza di essere alla mercé di eventuali attacchi da parte del coccodrillo. Non solo: di lì a poco, col calare del buio, dovranno iniziare a preoccuparsi anche della marea, che nel corso della notte coprirà completamente l’isolotto lasciandoli dunque in acqua ed in assoluta balia della famelica creatura. Inizieranno quindi proposte, piani, crisi isteriche e tentativi di sfuggire a quello che ha tutta l’aria di essere un destino ormai segnato.
Tutta questa fase risulta funzionare, segnando un netto salto di qualità sia rispetto a Wolf Creek sia rispetto alla prima, piatta parte del film. Tuttavia, la parte conclusiva finisce per essere invece molto al di sotto delle aspettative che ormai si erano create: sequenze da action movie, atti eroici stucchevoli quanto inutili ed un finale poco realistico e credibile lasciano l’amaro in bocca e fanno sì che l’impressione complessiva lasciata dal film sia inferiore a quella che, almeno da un certo punto in poi, si sperava. Al di là di ciò, tuttavia, c’è da dire che è evidente la crescita di McLean, che finalmente raggiunge un equilibrio tra riprese paesaggistiche e tensione generata, e che riesce ad offrire scorci di talento che ci auguriamo possano dar vita a prodotti superiori, anche di molto, a Rogue. Per ora, sufficienza piena in virtù di una parte centrale assolutamente riuscita.
La pellicola, a fronte di una certa abilità da parte del regista di generare tensione, soffre di una sceneggiatura piena di buchi, che non spiega fondamentalmente nulla di ciò che accade né delle motivazioni dei due anziani. Queste carenze, miste a qualche dubbio sulla effettiva credibilità dei meccanismi e delle azioni dei personaggi, fanno sì che inevitabilmente cali la qualità complessiva di un film che, come già sottolineato, ha dalla sua la capacità di tenere lo spettatore sulle spine con una vicenda a tratti davvero surreale ma carica di palpabile tensione. Staremo a vedere se arriverà dalle nostre parti, tuttavia qualora ne abbiate l’opportunità, non negategli una visione, potrebbe sorprendervi.