I buoni, vecchi film sulle case maledette o con storie cariche di dolore e morte che ne permeano le mura. Se una grande, grandissima parte della fortuna dell’horror letterario e cinematografico è sorto proprio tra le mura domestiche, un motivo ci sarà, e quando qualche coraggioso si cimenta nuovamente con le inquietanti magioni abitate da spiriti inquieti, a volte può scapparci anche il bottino grosso. E The Skeleton Key, per larghi tratti, rischia proprio di raccogliere la posta piena e di fare il botto. Ma procediamo con ordine.
Uscito nelle sale cinematografiche in sordina nel 2005 e diretto dal britannico Iain Softley, il film affonda le radici della sua storia nei bayou dell’entroterra di New Orleans, in Louisiana. La location, interessante e fortemente caratteristica per via di taluni elementi religiosi/magici, assurge, se non a protagonista assoluta, quantomeno a vigorosa spalla, poiché caratterizza totalmente lo svolgimento della trama, gli eventi e le motivazioni che li muovono. D’altronde, dove sarebbe stato possibile ambientare una vicenda che trattasse di hoodoo, se non proprio nel sud degli Stati Uniti d’America? Avete letto bene, nessun typo: hoodoo, non voodoo. Come viene spiegato nel film, il voodoo è una religione portata dall’Africa ad Haiti, dove prese piede, mentre l’hoodoo è magia. Si batte molto su un punto: tale magia ha potere solo su chi ci crede realmente.
Contesto: Caroline è una ragazza che lavora come assistente degli anziani, ed accetta un lavoro presso una villa dove vivono Ben e Violet. L’uomo è stato recentemente colpito da un ictus che lo ha paralizzato e gli impedisce di parlare. La permanenza di Caroline nella casa rivela subito elementi curiosi: sente Violet parlare con Luke, il notaio di famiglia, del fatto che la ragazza non capirà, non essendo del luogo; la sente altresì dire che tutte le precedenti assistenti erano andate via; infine, è il comportamento dello stesso Ben a farle porre interrogativi, dal momento che legge nei suoi occhi una richiesta d’aiuto ed addirittura prova a trascinarsi per fuggire di casa durante una notte. A questi elementi si aggiunge la scoperta di una stanza in soffitta che contiene oggetti appartenenti alla tradizione hoodoo cui si accennava in precedenza. Messa alle strette, Violet racconterà a Caroline la storia della casa in cui vive, dove un tempo avevano vissuto come servitori papa Justify e mama Cecile, una coppia di colore nota per essere fortemente addentrata nei rituali della magia hoodoo, e la cui fine fu tragica. Da questo punto in poi eviteremo qualsiasi riferimento alla trama onde evitare di svelare gli snodi che renderanno sorprendente il finale.
The Skeleton Key funziona in maniera egregia per buona parte della sua durata: tempi giusti, rivelazioni ben dosate ed intriganti, l’atmosfera afosa ed umida dei bayou ad accompagnare una storia fortemente tradizionale e legata al folklore locale, elemento che la rende originale ed interessante. Qualche passaggio inferiore si evidenzia nelle vicende che precedono il finale, che denotano un certo appiattimento verso il classico buoni contro cattivi, inseguimenti ed elementi stereotipati, ma il twist conclusivo riuscirà a spazzar via anche questi ultimi dubbi, lasciando l’impressione di una pellicola ben scritta e svolta, con recitazione solida ed il tocco sovrannaturale che nel finale si impossessa della vicenda, poiché, come viene ricordato nella tagline, “Quando inizi a credere inizia la paura”.