Avevo letto buone cose di Raw nel corso della primavera e, ormai agli sgoccioli dell’anno, sono finalmente riuscito a guardarlo. La mia idea sul film, lo anticipo subito, è che si tratti di un’operazione più ricca di esposizione e di estetismo che di contenuti. Avvicinandosi, toccando e poi penetrando a fondo in un tema così delicato, sempre coinvolgente ma allo stesso anche molto sfruttato – per giunta, in larga parte proprio dal cinema italiano di genere a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta – Raw gioca su un terreno delicato sul quale si fa presto a scivolare, anche piuttosto rovinosamente.
Justine è una ragazzina vegetariana, con genitori vegetariani piuttosto duri nella sua educazione alimentare. La accompagnano alla scuola di veterinaria che inizierà a frequentare, la stessa scuola dove già studia la sorella Alexia. Lì, dopo un’accoglienza piuttosto turbolenta a base di semi-guerriglia notturna, materassi gettati dalle finestre, atti di nonnismo che sforano nella violenza vera e propria, Justine si ritroverà a dover affrontare una sorta di rito di iniziazione, pensato dagli studenti più grandi ai danni delle matricole. Per quell’anno, la prova da superare sarà quella di mangiare dei reni crudi di coniglio. La ragazza, dopo qualche resistenza, riuscirà a ingurgitarlo dietro le pressioni della sorella, nelle vesti piuttosto variegate che ondeggiano da sadica a protettiva, passando per una certa figura quasi da mentore che accetta di ricoprire da un certo punto in avanti.
Le conseguenze di quel “pasto” forzato saranno nefaste: dapprima Justine si troverà ad affrontare una violenta reazione allergica che si manifesterà sotto forma di intenso rossore, piaghe e prurito; tuttavia, ciò che quell’esperienza porterà allo scoperto sarà ben più sorprendente. La ragazza, infatti, scoprirà una crescente attrazione nei confronti della carne, che si evolverà in maniera molto rapida in famelica necessità di consumare carne cruda per sublimarsi, infine, nella rivelatrice scoperta della carne umana.
Nel suo percorso di avvicinamento e di accettazione della sua natura sarà aiutata sempre di più dalla sorella, che si evolverà da sbandata e disattenta a guida minimale ed efficace per portare la sorella minore alla piena consapevolezza di sé, guidandola anche nelle modalità da adottare per procurarsi carne fresca. Questi sono i passaggi in assoluto più deboli del film: se infatti è condivisibile la scelta di limitare i dialoghi e le azioni allo stretto indispensabile per tratteggiare quel passaggio, non lo è altrettanto la pochezza del simbolismo scelto. Un limite palese che manifesta la sceneggiatura è anche il modo in cui i personaggi si comportano a fronte di alcuni accadimenti, e come invece poi venga rivelata la loro reale natura, in piena antitesi con quelle che erano le loro reazioni precedenti. Un esempio in tal senso è l’episodio del taglio del dito di Alexia, che le causa uno svenimento: pochi minuti dopo, però, è la ragazza stessa a rivelare la sua natura e a “iniziare” sua sorella, la cui accettazione, per giunta, appare troppo rapida e indolore.
La debuttante Julia Ducournau, regista e autrice della sceneggiatura, sceglie un approccio ibrido rispetto al tema del cannibalismo: lo prende di petto per affrontarlo nelle sue pieghe più morbose e sanguinolente, ritenendo di dover mostrare la presa di coscienza della protagonista sotto forma di violenza estetica presentata allo spettatore nelle sue più nauseanti sfaccettature; tuttavia, quando la scoperta è avvenuta, sceglie una strada un po’ più intima, non sofferta ma più delicata, mischiando i primi sentimenti, la lotta interiore e l’incapacità di frenare gli istinti, e in generale il tentativo di una ragazza poco più che adolescente – e che dimostra ancor meno anni, forse volutamente – di trovare la propria essenza e il proprio posto del mondo, scontrandosi con delle limitazioni gigantesche.
Raw mutua alcuni tentativi di descrivere il dolore della diversità che, a sfondo vampirico, erano stati ben analizzati con profondità e sensibilità nel gioiello Lasciami Entrare, ma non riesce nel suo intento, finendo per rimanere vittima di sé stesso e della violenza che cerca di sprigionare anche in sequenze che nulla hanno a che vedere col tema centrale della storia. La sensazione che emerge durante la visione del film è che si sia tentata la strada dello shock a tutti i costi, anche a discapito delle necessità della trama. Un altro aspetto decisamente rivedibile è il contesto di assoluta anarchia all’interno del quale si muovono i personaggi e gli accadimenti, una scuola ove tutto è lecito e la presenza degli insegnanti, e delle autorità in generale, è del tutto nulla. Alla luce di quanto finora evidenziato, è chiaro che Raw non possa essere posto in luce come un film di particolare pregio, ma va altresì detto che la realizzazione e il confezionamento del film nel suo insieme risultano di buon valore artigiano, regalando anche momenti di disagio ai limiti del claustrofobico e della nausea. Con un dosaggio diverso degli elementi, poteva venir fuori un prodotto di qualità superiore; così può rimanere comunque una visione che un amante di un certo cinema più truculento potrà apprezzare.