1303 (2012)

Anno di uscita
2012
Titolo originale
Apartment 1303 3D
Regia
Michael Taverna
Genere
fantasmi, case maledette
Cast
Mischa Barton, Rebecca De Mornay, Julianne Michelle, Corey Sevier
Durata
85'
Paese
USA/Canada
Voto
1

1303 è un prodotto a suo modo significativo. Non certo per la sua qualità, invero assai infima, quanto per l’evidenza di quanto sia complicato girare un horror in grado di funzionare. A questo punto, molti di voi potrebbero giustamente puntarmi il dito contro, citandomi decine e decine di titoli di film scadenti e di trashate terrificanti. Non è quello il punto, perché 1303 tutto sommato è girato e recitato in maniera sì mediocre, ma non si propone come un film di serie Z, cercando anzi di costruire una trama inquietante e farcendola di elementi umani. Come avrete intuito, fallisce miseramente su tutti i fronti.

Remake di un film giapponese del 2007, 1303 racconta la vicenda di Janet, giovane ragazza che decide di andare a vivere da sola per allontanarsi dalla madre alcolizzata. Va a vivere nell’appartamento il cui numero dà il nome al film, grazioso e con una bella vista panoramica. E fin qui, al netto di una recitazione scolastica da parte di Julianne Michelle e di evidenti forzature caratteriali, tutto sommato ci siamo. I problemi vengono a galla però ben presto, visto che tra un’inquietante bambina che sembra presidiare il corridoio a qualsiasi ora del giorno per recitare frasi sibilline e poi sparire, e le apparizioni miste a rumori all’interno dell’appartamento, sembrerà di trovarsi catapultati in quello che ha l’aria di ciò che uscirebbe da un frullatore se si unissero dosi sparse di Shining1408 e amatorialità.

Il presagio, gettato in maniera sibillina dalla bimba, riguarda un avvenimento passato: nell’appartamento 1303, infatti, circa vent’anni prima una bambina aveva ucciso la madre e aveva tenuto nascosto il suo corpo per diversi mesi. Una volta scoperta, la bambina si gettò dal balcone, uccidendosi. Da quel momento, altre tre giovani trasferitesi nell’appartamento erano morte per presunto suicidio.

Il problema di 1303, recitazione e regia a parte – scolastiche e fredde, ma non terribili – risiede nella sua scrittura scialba, che prende cliché assortiti del cinema horror, li mischia insieme alla meno peggio e li butta lì senza riuscire a raggiungere alcuno degli obiettivi prefissati: non si crea empatia con i protagonisti, nonostante gli sforzi di mettere in moto le meccaniche familiari di Janet, sua sorella Lara e la madre alcolista; non c’è mai un momento di reale inquietudine, tutte le manifestazioni spiritiche sono viste e riviste, nonché calate in un prodotto asettico e vuoto di contenuti. E se la forma non brilla e la sostanza non c’è, ovvio che l’esito conclusivo sia scadente.

Ci si pongono delle domande, guardando un film del genere. Si leggono spesso crociate contro l’horror moderno, reo di ripetersi sempre uguale a sé stesso, di non proporre più nulla di interessante. Non è del tutto vero, perché di prodotti validi ne escono ancora di continuo, basta saper cercare ed essere curiosi. Il problema risiede piuttosto nel fatto che un film inutile, derivativo, vuoto come 1303 venga rivisitato in salsa americana – mi astengo da giudizi sull’originale giapponese, non avendolo visto – e riesce ad arrivare nei cinema nostrani. Trovo quanto meno discutibile il fatto che una pellicola senza la minima velleità, priva di verve come questa riesca a guadagnarsi una vetrina del genere, soprattutto considerando che gli horror distribuiti al cinema in Italia nel 2014, finora, si contano sulle dita di una mano. Bocciatissimo. L’invito è di non andare a vederlo al cinema, non solo risparmierete soldi per qualcosa di più valido ma eviterete di dare riscontri economici al botteghino ad un prodotto ruffiano e squallido sotto tutti i punti di vista.

1303 (2012)
Voto del redattore
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