Gli anni Settanta. Ah, gli anni Settanta. Un decennio capace di regalare un’autentica rivoluzione musicale, e di offrire degli horror che hanno rappresentato le basi del genere, nonché alcuni degli esempi più fulgidi e meglio riusciti di come realizzare del gran cinema di genere, ben costruito, coi tempi giusti, terrificante in virtù dell’abilità nel puntare sulle paure quotidiane, familiari. Le case, ovvero i luoghi più sicuri ed accoglienti per ogni essere umano, diventano così teatro di orrori, delitti, manifestazioni paranormali, assurgendo a protagoniste di pellicole indimenticate ed indimenticabili. Il cappello introduttivo ben si adatta ad Amityville Horror, un film che arrivò sul finire degli anni Settanta e quindi sull’onda di svariati grandi successi commerciali in ambito horror. Basti pensare ai primi film di Dario Argento, di Wes Craven, di George A. Romero, di John Carpenter, a Non Aprite Quella Porta di Tobe Hooper, a Omen – Il Presagio, per citare solo alcune delle pellicole che abbiamo già trattato proprio su queste pagine. Con premesse del genere e con un nome altisonante e ripreso pochi anni fa con un remake, la curiosità e la voglia di vedere questo film erano alte, e le attese sono state rispettate.
La trama è quella a cui siamo ormai abituati: una famiglia si trasferisce in una casa all’interno della quale è avvenuta una tragedia poco tempo prima. Un uomo aveva fatto fuori a colpi di fucile l’intera famiglia durante la notte. George e Kathy Lutz si trasferiscono nella grande ed accogliente villetta assieme ai tre figli di lei, certi di poter iniziare una splendida vita insieme. Tuttavia, le cose non andranno come sperato, perché ben presto inizieranno ad accadere episodi strani ed inquietanti che finiranno per portare lo stesso George, interpretato da un ottimo James Brolin, sull’orlo della follia.
La grandissima abilità di Rosenberg è stata quella di una costruzione sapiente del crescendo di tensione e terrore. Si inizia con la giovane famiglia alle prese con il trasferimento e con la sistemazione nella nuova casa, e via via si avverte di netto il cambio dell’atmosfera, sempre più pesante e carica di elettricità e di presenze negative e malvagie. La casa è dominata da un’entità malvagia, Belzebù, il Signore delle mosche, ed ha al suo interno quello che sembra essere un accesso all’inferno. Ma al di là degli aspetti sovrannaturali, ad incantare sono le atmosfere, l’orrore che si insinua e che scalfisce gli animi della coppia e di George in particolare, che cambierà aspetto apparendo sempre più emaciato e provato, oltre ad arrivare a gesti violenti ai quali non era avvezzo. L’intera parte finale del film è da cardiopalma, perché tutto è stato costruito in modo da valorizzare al massimo le manifestazioni e la convinzione che qualcosa di terribile possa accadere in qualsiasi istante della pellicola, rendendo dunque la visione partecipata e coinvolgente.
A fronte di questi aspetti molto positivi, Amityville Horror ha un plot sviluppato in maniera molto classica ed ortodossa, senza ribaltamenti, senza grandi colpi di scena, senza curiosità per come si svolgerà la trama, che si dimostra fin da subito abbastanza semplice e strutturata. Basato sul romanzo Orrore ad Amityville di Jay Anson, il film funziona in ogni sua componente. Un piccolo consiglio legato alla mia esperienza personale, che mi sento di estendere alla visione di qualsiasi film horror: guardatelo in tarda serata o durante la nottata, soli in stanza, con le cuffie e magari dando le spalle alla porta. La sensazione di inquietudine che ogni appassionato di cinema horror ricerca sarà impagabile.