Mario Bava, dopo aver debuttato col bellissimo La Maschera Del Demonio, torna a dedicarsi al gotico dopo aver diretto un peplum contaminato con l’horror (Ercole Al Centro Della Terra), un avventuroso (Gli Invasori) e un giallo (La Ragazza Che Sapeva Troppo). E lo fa con l’eleganza e la maestria che il succitato esordio, che vedeva Barbara Steele nei panni di una strega, aveva già provveduto a mettere in evidenza.
Pubblicato con lo pseudonimo John M. Old, La Frusta E Il Corpo si apre col ritorno di Kurt al castello di famiglia. Nei primi cinque minuti veniamo già a conoscenza dell’antefatto, nonché causa della sua partenza: Kurt, che aveva una relazione con la figlia di una serva, l’aveva abbandonata, provocandone il suicidio. Da allora, aveva lasciato la propria casa e famiglia, ormai non più ben accetto per via del suo modo di comportarsi. La madre della serva rimane ancora desiderosa di vendetta, osservando ogni giorno il pugnale ancora insanguinato col quale la figlia si era tolta la vita. Il motivo del suo ritorno, a suo dire, è complimentarsi col fratello Cristiano del suo fresco matrimonio con Nevenka.
Kurt viene accettato con fatica dal padre, che non lo vorrebbe più in casa, e inevitabilmente la situazione diventa tesa. Inoltre, scopriamo che in passato Kurt aveva avuto una relazione proprio con Nevenka, ancora piuttosto sensibile alle sue avances. In tal senso, significativa e di grande forza, soprattutto contestualizzandola nel periodo di uscita del film, è la scena in cui Kurt frusta la ragazza, visibilmente eccitata e compiaciuta, in una sequenza di autentico masochismo che risulta sorprendente anche oggi. Tuttavia, il colpo di scena è dietro l’angolo, perché proprio quello che sin dalle prime battute viene presentato come il cattivo di turno, viene ucciso nella propria stanza, col medesimo coltello usato dalla ragazza anni addietro per suicidarsi.
Le dinamiche della vicenda sono a base di un melodramma a sfondo familiare, sebbene siano molto più attinenti al gotico classico di quanto non si possa credere – si pensi a Il Castello Di Otranto, considerando il primo romanzo gotico. Lo stile di Bava, registicamente quasi sempre impeccabile, è volto a sottolineare le atmosfere oscure, ricreate con mestiere puntando sull’aspetto visivo e pittorico. Inevitabile la svolta soprannaturale, che tuttavia nel finale viene messa in discussione, aprendo tutta la vicenda ad un’interpretazione nuova, legata più all’ossessione che a un’autentica vendetta dall’oltretomba. A dispetto di ciò, rimane comunque in discussione la solidità della trama, che presenta almeno un punto discutibile per entrambe le interpretazioni. E’ bene anche sottolinere come, nonostante qualche incertezza della sceneggiatura, il film rimanga godibile e intrigante in ogni suo passaggio, garantendo la curiosità e la partecipazione dello spettatore, i cui dubbi verranno dissipati solo nell’ultima scena.
Mirabile costruttore di scenografie e ideatore di immagini colme di colore e raffinatezza (come non si può non pensare a quanto influenzerà ad esempio lo stile marcato dell’Argento di Suspiria?), Mario Bava regala una perfetta ambientazione per una storia gotica, un castello su una scogliera in riva al mare, pieno di corridoi, di armature, di grandi e fredde stanze. Alla ricostruzione scenica del luogo aggiunge una trama basata sugli intrecci interpersonali familiari, ma ciò che spinge realmente in là La Frusta E Il Corpo è senza dubbio il suo aspetto più controverso e sorprendente: il sadomasochismo. Christopher Lee si rende protagonista di un’interpretazione solida, robusta, a tratti spietata; nulla di nuovo, insomma, rispetto all’enormità dell’attore britannico. A dare però un autentico scossone è Daliah Lavi, attrice israeliana dai tratti che ricordano Barbara Steele. Gli elementi della sua interpretazione da evidenziare sono sicuramente la capacità di mostrare tanto il piacere provato in seguito alle frustate ricevute, quanto la lotta interiore e la volontà di nascondere la sua natura e i suoi reali sentimenti, incastrata in una vita che forse non è quella sperata.
Una sequenza su tutte: Nevenka, nottetempo, è svegliata da un rumore, che riconosce come quello dello schioccare di una frusta. Si alza e, con uno sguardo cha dalla sorpresa mista a paura passa rapidamente al desiderio, si avvia per i corridoi bui del castello alla ricerca della sorgente del rumore. Il suo sguardo voglioso nel corso della camminata è forse l’aspetto più significativo ed esemplificativo della natura stessa del film, molto più del fantasma, o presunto tale, che ne domina la seconda parte. Elegante e raffinato, giustamente ma mai eccessivamente lento, La Frusta E Il Corpo non gode di un soggetto robusto ma riesce a far risaltare al massimo tutti gli aspetti di maggior interesse, quali per l’appunto il tema della perversione sessuale e quello del mistero e dei sospetti che animano il finale. Chiaro segno della grandezza di un regista capace di valorizzare al meglio ciò che gli capitava per le mani.