Bisogna andarci cauti con questo film: se avete visto i primi due capitoli del franchise e li avete apprezzati, vi troverete catapultati in una vicenda dalle tinte profondamente diverse, sia dal punto di vista stilistico sia da quello del tono narrativo. Diretto da Paco Plaza, quindi metà della coppia autrice dei due fortunati e validi predecessori – Jaume Balaguerò tornerà nel corso del 2013 con il quarto e conclusivo capitolo – REC 3 si presenta come un prequel, sebbene di elementi connessi con le vicende degli altri film non se ne vedano.
Sfruttando l’ormai ben noto stratagemma del falso documentario, la pellicola prende il via con le riprese amatoriali del matrimonio di Koldo – diventato Diego nella versione italiana – e Clara. Una cerimonia informale, tanti invitati, una bella location per i festeggiamenti, una coppia felice e innamorata. Tutto fila meravigliosamente bene, se non fosse per lo zio, che viene intervistato all’inizio e racconta di come un cane, apparentemente morto, lo abbia morso ad una mano. Nel corso della festa, viene inquadrato mentre all’esterno del ristorante vomita. Ha un’espressione vacua e nervosa. Poco dopo, nel corso dei balli post-torta, la telecamera lo inquadra nuovamente mentre è seduto sulla ringhiera di una balconata della grande sala, in equilibrio precario. La caduta è fragorosa e ha un ché di gag umoristica, visto che cade con capriola e spaccando a metà un tavolo, si rialza incerto e spaesato, soccorso da una delle invitate. E’ chiaro che stia per accadere qualcosa, e infatti lo zio la aggredisce mordendola al collo. In contemporanea, fa irruzione nella sala un’orda di zombi. La festa è finita. O sta per cominciare.
Come già ci avevano abituati i primi due capitoli del franchise, gli zombi di REC sono velocissimi e aggressivi. Dimenticate il prototipo di zombi decerebrato e che si trascina dinoccolato, ormai appartiene al passato del genere. Qui non lasciano tregua, aggrediscono con violenza ed attacchi repentini, non rendendo possibile la fuga. Tuttavia, vanno evidenziati degli aspetti di novità rispetto alla figura dello zombi dipinta nei precedenti film e anche a quella classica: in REC 3, i non-morti non posso varcare la soglia delle chiese in quanto suolo sacro, e inoltre rimangono bloccati, come in coma vegetativo, quando sentono recitare delle preghiere. I novelli sposi riescono a salvarsi ma sono separati, ritrovandosi in due luoghi diversi con i superstiti. E’ in quel momento che Koldo distrugge la telecamera con la quale abbiamo seguito i primi venti minuti della vicenda: da quel momento in poi, dopo i titoli di testa, il film abbandona lo stile documentaristico, rompendo in maniera netta col format storico dei REC e finendo inevitabilmente anche per snaturarlo.
Il cuore della storia diventa il tentativo di riunirsi da parte dei neo-sposi. Per farlo, i nostri giovani e innamorati beniamini si lanceranno in eroiche gesta, sottolineate da non pochi momenti di gustoso humour o di divertente esagerazione dal sapore marcatamente trash. Ne volete un esempio? Clara, quando prende consapevolezza del fatto che sarà necessario sporcarsi le mani per sperare di ritrovare Koldo, non si fa problemi ad impugnare una motosega – che ovviamente era lì a portata di mano – segare il suo abito nuziale, rimanendo in una provocante mise con coscia al vento e giarrettiera rossa in bella evidenza, e prendendo ad aprire letteralmente in due gli zombi a portata di tiro. Un altro esempio? Koldo, rifugiatosi dentro una chiesa, terra franca come già spiegato, ad un tratto vedendo un’effige di san Giorgio si fa venire in mente un’idea geniale: perché non indossare un’armatura e impugnare una spada per andare alla disperata ricerca dell’amata donzella? Meraviglioso.
Il meglio, però, lo offre SpongeJohn. Si, avete letto bene, nessun errore o svista. La sua storia la scoprirete guardando il film, fatto sta che si tratta di un uomo delegato ad intrattenere i bambini durante il banchetto. Verrà ritrovato da Clara e da un altro superstite, sempre vestito come il noto personaggio dei cartoni. Alla giusta e comprensibile domanda “Perché non hai tolto il costume?”, il nostro SpongeJohn, con tanto di fucile in mano, risponde in maniera sincera “Perché non porto niente sotto”. Disarmante. E tremendamente gustoso in quel contesto, tra l’altro.
In definitiva, dopo un bel po’ di hack ‘n’ slash in costume, si arriva alla conclusione che si barcamena tra il drammatico, il sentimentale ed il ridicolo, lasciando infiniti dubbi su quale sia il ruolo di questa pellicola e per quale motivo dovrebbe fungere da prequel della saga. Chi scrive non ha una risposta a tali questioni, tuttavia vanno fatte delle considerazioni. REC 3 è lontano anni luce dai primi due: dove c’era terrore, tensione, buio, infiltrazioni religiose, qui c’è action, goliardia, gore, confusione. Stilisticamente, al di là della scelta di abbandonare l’utilizzo della tecnica documentaristica, sono due mondi distinti: REC 3 non si pone praticamente mai l’obiettivo di creare reale tensione, ma sarebbe sbagliato considerarlo un limite perché tale obiettivo nemmeno se lo pone. Se i primi due erano eleganti, oscuri, inquieti, claustrofobici, qui siamo alle prese con una festa di sangue dinamica, divertente ed ironica, che non appena sembra prendersi sul serio corre subito ai ripari proponendo elementi o situazioni kitsch.
Chi ha amato la saga di REC fino a questo momento, rimarrà totalmente spiazzato da questa nuova installazione del franchise, poiché troppo diversa e troppo slegata. Va altresì sottolineato come il film sia divertente, dinamico, con buone trovate. A livello registico siamo lontani dalla maestria ed eleganza di Balaguerò, ma non penso che Plaza volesse nemmeno provare ad eguagliarla. Il risultato è un prodotto leggero ed efficace, che preso singolarmente meriterebbe probabilmente anche qualcosa di più. Per il nome che si porta sulle spalle non rappresenta un degno simbolo, questo è chiaro. Se intendete dargli una possibilità, provate a non considerarlo il prequel di REC, ma un semplice, godereccio film con gli zombi, visto in un contesto particolare e con buone intuizioni.