Shadow (2009)

Anno di uscita
2009
Titolo originale
Shadow
Regia
Federico Zampaglione
Genere
torture porn, naturalistico
Cast
Jake Muxworthy, Karina Testa, Chris Coppola, Ottaviano Blitch
Durata
71'
Paese
Italia
Voto
7.5

Ammettiamolo candidamente: la stragrande maggioranza di noi, una volta letto il nome del regista, avrà avuto un colpo seguito da sinistri presagi. Perché, giusto per dovere di cronaca, Federico Zampaglione è il frontman dei Tiromancino, e dopo aver ascoltato una loro canzone a caso tutto ti aspetti tranne che un film horror proveniente dal loro leader. Ma si sa, i pregiudizi e le aspettative ridotte al lumicino esistono per essere divelti e sradicati. Cosa che Shadow riesce a fare egregiamente.

Il film si apre con una lettera scritta da David, soldato di stanza in Iraq, alla madre, nella quale esprime il suo desiderio di tornare al più presto per dedicarsi alla sua passione: il biking. Lo stacco è repentino, e troviamo David intento a spostarsi con la sua mountain bike in un bosco che si inerpica lungo una catena montuosa innevata a tratti. Sin dalle prime battute, Zampaglione indugia sulle riprese paesaggistiche, regalando scorci boschivi suggestivi, anche e soprattutto quando semi-nascosti dalla nebbia, immagini che mi hanno fatto correre la mente alla copertina di Hexenwind degli austriaci Dornenreich.

David si ferma in un piccolo rifugio per cacciatori, dove prende una birra ed incontra una ragazza di nome Angeline, intenta a leggere mentre sorseggia un caffé. Poco dopo arrivano due brutti ceffi che iniziano ad importunare la ragazza, e David, assieme al proprietario del locale, la difende. La notte successiva, il ragazzo perde la tenda durante un maldestro tentativo di montarla, e viene ospitato da Angeline che era lì nei pressi e lo invita nella propria tenda. Iniziano quindi a conoscersi ed a visitare quei luoghi insieme, ma si imbatteranno nuovamente nei due cacciatori, che sembrano avere la netta intenzione di usarli come bersagli.

È da qui che comincia la fase degli inseguimenti e delle fughe: due cattivi, due prede, un luogo sperduto e desolato. Sembra la più classica delle situazioni, ma qui interviene la prima sostanziale trasformazione operata da Zampaglione alle regole del genere: non un ribaltamento dei ruoli, bensì una new entry che porta tutti e quattro i personaggi ad essere potenziali prede. Dunque, anche quelli che finora erano stati i cattivi si trovano a fuggire. Qualche cliché in questa fase è presente, in particolar modo il fatto che sia la coppia formata da David ed Angeline, sia i cacciatori, si perdono, rimanendo quindi tutti soli nei boschi nebbiosi e che diventano sempre più lugubri e minacciosi dal momento in cui Kaiser, il rottweiler dei cacciatori, rimasto anch’esso solo, emette guaiti sofferenti, lasciando intendere di essere stato ferito ed ucciso.

Di Angeline si perdono le tracce, mentre i tre uomini, catturati e legati ciascuno ad un tavolo metallico, diventeranno giocattoli nelle mani di Mortis, personaggio interpretato da un grandioso Nuot Arquint: non emette un verso, cammina lentamente, è magro, quasi scheletrico, completamente glabro, ed indossa unicamente un paio di pantaloni. Il suo aspetto inumano, per certi versi prossimo al conte Orlock interpretato da Max Schreck in Nosferatu, ma con elementi racimolati anche dai serial killer più folli e maniacali della storia del cinema e non, rimarrà uno dei punti di forza della pellicola, in grado di entrare nell’immaginario collettivo in virtù di una caratterizzazione di primo livello che, vista l’assoluta mancanza di dialoghi, gioca tutto sui suoi movimenti, sui gesti e le abitudini quotidiane.

La fase di tortura e terrore è resa bene, ad un livello quasi fisico, in grado di trasmettere ansia, sgomento, terrore per la sorte imminente. Le inquadrature spesso fisse ed i primi piani giocano un ruolo fondamentale. Il tutto fino al twist finale, che sorprende e lascia sul viso dello spettatore un sorriso divertito ed ammirato, ripensando ad alcune tracce lasciate durante il film e che trovano una corretta collocazione nel colpo di scena conclusivo.

Shadow è un esperimento riuscitissimo. Dopo una commedia noir, Nero BifamiliareFederico Zampaglione fa il suo esordio nel panorama horror con una pellicola breve, coi suoi 71 minuti di durata, ed intensa. Produzione internazionale, girata in inglese e con la partecipazione dello statunitense Jake Muxworthy (Borderland – Linea Di Confine) e della francese Karina Testa (Frontiers), eppure fortemente radicata nella tradizione italica del fare horror, con elementi mutuati dal cinema di Fulci, di Argento, di Deodato, di Mario Bava, col gusto musicale anch’esso prossimo allo stile degli ormai mitici Goblin. Presenti senza dubbio anche componenti prossime all’horror contemporaneo, in particolare ad Eli Roth per le sequenze in cui i tre uomini sono legati e torturati (Hostel), ma nella sua totalità Shadow riesce ad essere originale, sia in virtù di un plot che rivela un colpo di scena interessante, sia per il cambio netto inserito a metà film che porta ad un cambiamento dei ruoli, ma soprattutto per il gusto e la cura registica messi in mostra in particolare nelle riprese paesaggistiche. Alcuni cliché del genere minano un po’ verso il basso il giudizio complessivo – ad esempio, l’eccessiva facilità con la quale viene interrotto il tentativo di fuga dei tre uomini – ma ciò che rimane è un film solido, inquietante al punto giusto ed affascinante dapprima per l’ambientazione e poi per quel Mortis che, senza dubbio, farà visita negli incubi di tante persone.

Shadow (2009)
Voto del redattore
7.5
Voto dei lettori0 voto
0
7.5