Dopo la parentesi fantascientifica di Ultimatum Alla Terra, Scott Derrickson torna a dedicarsi all’horror a sette anni di distanza da The Exorcism Of Emily Rose, una solida installazione sul classico tema della possessione diabolica, forte di un buon crescendo tensivo e di una sequenza di esorcismo che ricordo ancora con particolare entusiasmo, anche a distanza di tempo. Il tema scelto per Sinister è invece meno semplice da inquadrare, in equilibrio incerto tra case infestate, fantasmi, occultismo e demoni.
Ellison Oswalt è uno scrittore che nei suoi libri racconta episodi di cronaca particolarmente violenti, cercando di indagare e di colmare le lacune lasciate dalle investigazioni ufficiali. Dopo un grande successo commerciale, tuttavia, è entrato in crisi di vendite con due uscite fallimentari, per cui è alla ricerca del rilancio, anche per tornare a garantire tranquillità economica alla propria famiglia. Per raggiungere l’obiettivo, si trasferisce a King County con la moglie Tracy e i figli Trevor e Ashley. Onde evitare tensioni e discussioni con la moglie, evita di rivelare di cosa è stata teatro la casa in cui vanno a vivere. L’anno prima una famiglia era stata trovata impiccata nel giardino antistante all’abitazione, con l’eccezione di una dei tre figli, scomparsa e mai più ritrovata.
Poco dopo l’arrivo, mentre Ellison sta sistemando alcune scatole nella soffitta, ne trova una non sua, contenente un proiettore piuttosto datato e qualche pellicola. Si tratta apparentemente di filmini amatoriali familiari: una festicciola in piscina, una famiglia che gioca in giardino, cose del genere. La particolarità è che tali filmati appartengono ad epoche molto diverse, partendo dal 1966 e arrivando fino al 2011. Inevitabilmente incuriosito, porta la scatola nel suo studio e li visiona. Si tratta di filmati inizialmente normalissimi e noiosi: un bambino che gioca a baseball col padre, una bambina che va in altalena, la mamma che tiene tutti sotto controllo. Tuttavia, dopo uno stacco netto, quella stessa famiglia è adesso incappucciata e legata con una corda al ramo di un albero. Assistiamo alla loro morte davanti ai nostri occhi, e così sarà con tutti gli altri filmati che via via vedremo. Filmati che nella loro brevità risultano secchi e crudeli, realmente inquietanti, oltre che caratterizzati da suoni ammorbanti e ripetitivi.
La dinamica a questo punto è chiara: Ellison rimarrà coinvolto nella vicenda alla ricerca della verità, che ben presto inizierà a rivelarsi ancora peggio del previsto. Lo dirò senza mezzi termini e assumendomene la responsabilità: la prima metà del film, forse anche qualcosa in più, è terrificante. E’ ricca d’atmosfera lugubre, di vicende crude che viviamo davanti ai nostri occhi con impotenza. Riesce alla perfezione l’immedesimazione col personaggio di Ellison, interpretato da un onnipresente Ethan Hawke, protagonista unico e assoluto della pellicola: il suo affondare nell’incubo, la sua inquietudine, sono percepibili in modo nettissimo non per particolare transfert emotivo, ma perché siamo noi stessi a viverli assieme a lui. Così come saremo noi stessi animati dalla curiosità e dalla voglia di capire, di scoprire cosa c’è dietro.
L’horror viene spesso accusato di non riuscire nel proprio intento, quello di spaventare lo spettatore. Non mi dilungherò molto sul tema perché uscirei dagli argini della recensione e perché ci sarà sempre chi è pronto a deridere un film dicendo che non fa paura. Qualunque film. Forse per testosterone, per desiderio di affermare una virilità sovrumana. Quando si assiste a un horror al cinema, spesso si sentono risate da parte dei gruppetti di ragazzini. Sono sufficientemente certo che con Sinister di risate se ne siano fatti ben poche. Il film funziona, poche storie, e fin quando Derrickson mantiene la testa sulle spalle, macina minuti su minuti di inquietudine e oscurità purissime, oserei dire rare.
Chiaramente, le cose non sono perfette. Già nella prima parte, quella che ho provveduto a decantare e che non faccio fatica a definire come bellissima, il nostro non lesina qualche episodio kitsch – la malattia ce l’ha, non si scappa. Penso, ad esempio, all’inutile sequenza in cui Ellison trova il figlio all’interno di una scatola, in seguito ad una crisi di sonnambulismo, e quest’ultimo esce all’improvviso camminando a mo’ di ragno contorsionista. Ma purtroppo la vera deriva il film la vive quando entrano in gioco l’occultismo – che in realtà poteva calzare bene – e la mitologia babilonese, calata di forza nella trama col tentativo di adattarla al contesto contemporaneo, con esiti discutibili. Traballa inoltre anche l’atmosfera generale: tre sequenze consecutive di risvegli notturni di Ellison e di esplorazioni della casa nel buio assoluto. Ora, io comprendo che il genere si fondi su determinati stilemi e che vadano rispettati, ma perché, nell’anno di grazia 2013, dovrei ancora accettare che all’interno di una casa si debba girare con una torcia nel buio pesto? Perché? Io non lo accetto più, quindi questi mezzucci li aborro con forza.
Encomiabile, sebbene a tratti superficiale, il tentativo di tratteggiare il degrado personale di Ellison e le difficoltà con la moglie, così come ho apprezzato la risolutezza della decisione di lasciare la casa, aspetto in controtendenza rispetto a parecchi esempi di horror moderni e non. Inoltre, buona la conclusione, che torna a inquietare dopo qualche dubbio temporaneo. Sinister non lascia indifferenti: prende elementi non originalissimi – tratti di Vacancy, tratti di Insidious – ma è capace di rielabolarli e manipolarli in maniera da ottimizzarne la resa su schermo. Mi ripeto, ma la prima parte è veramente inquietante, con la suggestione dei filmini amatoriali che si staglia su tutto con grande forza visiva e emotiva. Chiaramente la seconda parte non regge il confronto e comincia ad infognarsi tra ripetizioni e confusione, con elementi buttati dentro il calderone e che non sembrano amalgamarsi alla perfezione. E’ altrettanto vero che se avesse mantenuto la stessa tensione e lo stesso ritmo impetuoso – in termini di contenuti – per tutta la durata, probabilmente ora staremmo parlando di uno degli horror più belli degli ultimi dieci anni. Ma anche così, merita assolutamente una visione, da soli, in notturna e in cuffia. Venite pure a dirmi che non fa paura, attendo con un tagliaerba.