Ci sono casi in cui non è necessario perder tempo in preamboli. Due anni dopo il boom di Profondo Rosso, Dario Argento tornò sui grandi schermi con un’opera totalmente diversa per ritmo, impostazione e contenuto. Dopo quattro film appartenenti fondamentalmente al filone del giallo, infatti, il regista romano virò con decisione verso l’horror e, per la prima volta nella sua carriera, affrontò il soprannaturale, dedicandosi al mondo della stregoneria. Il prodotto finale gli portò un enorme successo e fama, specialmente all’estero, dove è identificato proprio per questo film.
L’americana Susy Benner si trasferisce a Friburgo, in Germania, per frequentare i corsi di una nota accademia di danza. L’istituto, isolato ed in piena Foresta Nera, ospita ragazze di 18-20 anni, che oltre ad esercitarsi nell’arte del balletto classico, alloggiano presso la splendida struttura riccamente addobbata. Al momento del suo arrivo, Susy incrocia una ragazza che sta fuggendo dall’accademia e che, nel corso di quella stessa notte, viene uccisa in maniera spettacolare e sanguinolenta. Sin dalle prime battute il tono del film evidenzia la propensione verso il soprannaturale, verso il misterioso, che non sarà spiegato nemmeno nelle battute finali. Tale elemento caratterizza fortemente l’intera pellicola, dal momento che l’attenzione è rivolta alla creazione delle atmosfere, dell’insondato ed insondabile, senza la presunzione di volerlo realmente scoprire o spiegare, bensì con la volontà di grattarne la superficie per permettere di dare uno sguardo in un mondo carico di malvagità.
La stessa malvagità che, come viene spiegato nella fase centrale del film, è il motore ed il motivo delle azioni delle streghe. Non si materializzeranno praticamente mai, nonostante qualche traccia lasciata qua e là, come il racconto della storia di Elena Marcos, la fondatrice dell’istituto e sospettata di stregoneria, le cui informazioni sono lacunose e la cui fine è avvolta nel mistero. Ciò che emerge è un quadro dalle tinte fosche e dai contorni indefiniti ed inafferrabili come le evoluzioni della trama, che finisce per essere poco più di una traccia. Se da un lato si può lodare la scelta di lasciare in sospeso tanti elementi per aumentare l’aura misteriosa che permea la storia, è altrettanto vero che tutti gli avvenimenti rischiano di apparire scollegati e che il finale lascia ben poco dal punto di vista dei contenuti e dei fili tirati, risolvendosi sostanzialmente in un nulla di fatto.
Una delle caratteristiche più evidenti di Suspiria è la sua forza visiva. Argento, come spiega nell’intervista contenuta tra gli extra presenti nell’edizione in dvd e blu-ray, fece uso di una pellicola con uno spesso strato di gel, che gli permise di ottenere una notevole profondità di campo e dei colori intensissimi, densi e pieni, in particolare i neri e gli onnipresenti rossi. Per esaltare questa peculiarità, furono scelte o ricreate location curiose, come edifici dai colori sgargianti o l’enorme piazza monegasca teatro di una delle uccisioni, con le luci sapientemente posizionate in modo da illuminare i templi e da lasciare nella completa oscurità tutto l’ambiente circostante, regalando alla scena un tocco onirico e spaesante. Ulteriore elemento che denota la grande cura riposta nella realizzazione dell’opera è la collocazione delle maniglie delle porte. Inizialmente, Argento e la compagna Daria Nicolodi avevano immaginato la storia del film con protagoniste delle bambine di non più di 10-11 anni, ma la produzione si oppose con fermezza per via delle scene degli omicidi – tra l’altro, tra le più spettacolari ed elaborate del cinema argentiano. Dovendosi dunque piegare al volere dei produttori, decise di far montare le maniglie delle porte molto più in alto del normale, all’altezza del viso delle ragazze, in modo da simulare, ed inconsciamente trasmettere, il fatto che si trattasse di bambine.
Sorprende e meraviglia il distacco stilistico tra il quadratissimo, robusto e perfetto Profondo Rosso e Suspiria, con la sua trama spoglia e la sua destrutturazione. Un Dario Argento in stato di grazia ed all’apice del suo genio creativo e registico regala un gioiello da guardare, un’opera bellissima dal punto di vista visivo, curata e piena di tocchi di eleganza concettuale e tecnica. A tali livelli, dunque, è chiaro che la differenza risieda in una vera e propria scelta di campo tra i due diversissimi mondi dei film, e dal mio punto di vista la folle lucidità della trama di Profondo Rosso gli permette di mantenere saldamente il primato in vetta ai capolavori del regista romano. Tuttavia, Suspiria è assolutamente adorabile e grandioso anche nelle cose che, volente o meno, decide di non dire. Supremo.