Una famiglia si trasferisce in una grande casa isolata e iniziano ad accadere cose strane.
È vero, il libro non si giudica dalla copertina, l’abito non fa il monaco e tutte le frasi fatte che vogliamo, però bisogna ammettere che una premessa come questa non incoraggia ad avvicinarsi al film.
Voces racconta di una famiglia che si è da poco trasferita in una grande casa in decadenza.
Veniamo a sapere fin da subito l’informazione più importante della storia: il figlio della coppia, Eric, è seguito da una psicologa. Il bambino dice di sentire le voci, e la giustificazione che viene data è quella di un forte stress dovuto ai continui trasferimenti della famiglia.
I presagi di morte, raffigurati dalla presenza di mosche in diversi punti della casa, si concretizzano presto, gettando la famiglia in un incubo.
Se volessimo fare un esercizio, potremmo utilizzare la sceneggiatura di Voces, assieme ad alcuni aspetti relativi alla regia, al montaggio e alle scelte sonore, come una sorta di mappa per orientarci all’interno del genere.
In Voces sono presenti tante caratteristiche molto comuni: per esempio, viene fatto un utilizzo massiccio di jumpscares e di cliché. Ma credo che il vero problema sia più profondo, e non sta tanto nella tecnica e nella riproposizione continua ed estenuante di certi modelli.
L’origine del problema sta nella mancanza, da parte del regista e degli sceneggiatori, del senso della storia e della scena.
E così ci ritroviamo ad assistere a una sfilza di sequenze il cui scopo non è quello di acuire la minaccia che grava sui personaggi, quanto quello di spaventare lo spettatore.
I mostri, di qualsiasi natura essa siano, sono a favore di telecamera.
Compaiono il tempo necessario per far sobbalzare lo spettatore, accompagnati da un adeguato effetto sonoro.
Volendo trovare un parallelo, l’ho trovato da qualche parte tra The conjuring e Insidious, volendo rimanere su film degli ultimi anni. Ma in verità è lunghissimo l’elenco di film che richiama, per un motivo o per un altro.
Il problema, però, non sta neanche nell’assenza di originalità.
Ci sono le già discusse apparizioni a favore di telecamera.
Ci sono allucinazioni con effetti audio che sembrano provenire direttamente da un film per la televisione degli anni Ottanta.
Ci sono personaggi che si interfacciano con persone morte accettando seduta stante che siano reali.
Ci sono stereotipi e tempi narrativi scricchiolanti.
Ci sono carenze di trama: per dirne una, in una scena, il padre dice a Eric che l’ultima casa che hanno venduto gli ha permesso di guadagnare una fortuna. In un’altra scena, però, l’uomo si lamenta con sua moglie, dicendo che hanno investito tutto in questa nuova casa in decadenza. Le due cose appaiono abbastanza difficili da conciliare.
Ma l’elenco di limiti del film è talmente ampio che, anche provando a sforzarmi, non riuscirei proprio a salvarlo e a consigliarlo ad alcun tipo di spettatore.